Come riciclare vecchi vestiti
Dal riutilizzo alla donazione fino alla lavorazione per recuperare le materie prime: i vestiti possono avere molte vite e soddisfare diversi bisogni.
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Riciclare i vestiti: la situazione in Italia
Attualmente in Italia gli abiti usati vengono ancora smaltiti come rifiuti urbani o, nel caso degli scarti da produzione tessile, come rifiuti speciali, non essendo presente nel settore una differenziazione della raccolta e dello smaltimento.
Dal 2025, però, l'UE rende obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti tessili. Fino ad allora l'argomento risulta ancora un po' confuso, e a livello nazionale si possono trovare realtà locali molto differenti.
La lettura dei dati riportati nel Catasto rifiuti, elaborati da Ispra e incrociati con le dichiarazioni MUD delle aziende, e riguardanti quelli derivanti dall'abbigliamento e dal tessile, è di difficile interpretazione, poiché a seconda dei materiali sono inseriti nell'area dei rifiuti urbani o dei rifiuti speciali.
Dalle tabelle riportate nel Rapporto sui Rifiuti Urbani 2018 le cifre sono esorbitanti: oltre 8.000 tonnellate di rifiuti derivanti da abbigliamento, in parte esportate in Tunisia, in parte conferite per riciclo principalmente in Campania e Toscana, a cui si aggiungono i rifiuti tessili importati da Germania (17 mila tonnellate) e Svizzera (12 mila tonnellate).
Si nota come l'Italia resta uno dei Paesi europei che differenzia e ricicla meno i propri vestiti usati. In casi di recupero virtuoso, come quelli avviati da Conau, il Consorzio nazionale abiti e accessori usati, e da associazioni umanitarie quali Humana, una frazione importante viene destinata al riutilizzo, una parte al recupero della materia prima, e sono una minima frazione conferita allo smaltimento.
Quante volte vive un indumento
Le vite di un abito sono più di una:
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la prima, quando il capo è nuovo;
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la seconda, quando viene riutilizzato ancora come abito dismesso di seconda mano (secondo il report della Fondazione Sviluppo Sostenibile nella misura del 68% del totale);
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una terza, quando viene utilizzato per produzione di pezzame, da destinare ad aziende di prodotti per la pulizia, ospedali, industrie, alberghi e ristoranti, industrie che producono materiali fonoassorbenti e imbottiture di arredamenti (circa il 29%);
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altre vite: quando, a seconda del materiale, può essere lavorato per il recupero della materia prima (come accade per il cotone) e inserito in economie circolari per la confezione di nuovo abbigliamento, oppure processato per la produzione di oggetti non necessariamente di abbigliamento (come accade ad esempio con il poliestere), per borse, astucci, sacche, arredamento o abbigliamento tecnico (per il restante 3% dei rifiuti raccolti).
Come riciclare vecchi vestiti
Il riciclo non deve essere visto come l'ultima spiaggia a cui approdano oggetti che non si possono (o vogliono) più utilizzare. Riciclare è solo un passo di un percorso più lungo, che parte dall'acquisto e finisce con lo smaltimento. Ecco come riciclare i vecchi vestiti, in una accezione del termine più ampia.
Scegliere cosa acquistare
Per riciclare vecchi vestiti bisogna prima di tutto scegliere vestiti che sia possibile poi riciclare a basso impatto. La consapevolezza deve essere un processo che parte dalle scelte di base.
Essere un buon consumatore significa operare acquisti oculati e sostenibili: comprare abiti usati, o derivanti da tessili riciclati, così come optare per abbigliamento che presenti composizione di filati il più omogenei e naturali possibili, per permette il successivo recupero della materia prima.
Uno dei più famosi market vintage è l'East Market di Milano, dove potrete trovare davvero abiti e accessori per tutti i gusti, e per tutte le tasche.
Avere cura di ciò che si acquista
Un buon tessile ha lunga vita quando se ne ha cura. Leggere attentamente le etichette e seguire le indicazioni di lavaggio e asciugatura, permette di avere abiti che durano più a lungo, in buone condizioni.
Avere cura degli oggetti che ci appartengono significa rispettare in modo più ampio anche l'ambiente che ci circonda.
Rivendere o donare
Rivendere in rete, o nei mercati dell'usato, oppure donare gli abiti non più utilizzati permette di fare del bene a se stessi e a chi ci sta intorno. Mercati e negozi vintage raccolgono quotidianamente abiti in discrete condizioni, mentre le associazioni no profit raccolgono abbigliamento da destinare a fette di popolazione in difficoltà, vicine e lontane. Humana opera nel settore umanitario da molti anni, raccogliendo anche abiti usati.
Ricordatevi però di non usare i centri di raccolta come una pattumiera, abbiate cura di lavare e dare gli abiti sempre in ordine e in condizioni dignitose.
Riutilizzare
Molti abiti possono essere lavorati anche a casa, per creare pezze per la pulizia, tappetini per gli animali domestici, copertine e stracci di varia natura.
I maglioni di lana possono essere disfati per recuperarne la lana, i jeans possono diventare borse, i reggiseni possono trasformarsi in contenitori per cosmetici. Camicie, indumenti di cotone, possono essere imbottiti e creare presine e sottopentole, oppure piccoli cuscini. Bastano un poco di fantasia e una minima manualità.
Restituire ai venditori per inserire in una economia circolare
Da qualche tempo anche i grandi brand di moda si sono organizzati per recuperare gli abiti dismessi: H&M, Zara, The North Face e molti altri. Alcuni erogano anche buoni acquisto da spendere nei negozi stessi.
Anche produttori e consorzi italiani si occupano di raccogliere e riciclare: Rifò, ad esempio, raccoglie tessili in lana e cashmere per ridare nuova vita alle materie prime; Astri è invece un'associazione tessile che unisce imprenditori il cui scopo è il riciclo e il recupero dei tessili di ogni genere.