Intervista

Falegnameria sociale, cos'è e come funziona

Dal 2012 a Milano c'è Bricheco, una falegnameria sociale in cui chiunque (previa iscrizione) ha a disposizione spazi e attrezzi per lavorare il legno, assistito dai volontari. Un ottimo esempio di collaborazione all'insegna dell'economia circolare.

bricheco-cover

Credit foto
©Bricheco

Sappiamo che l’economia circolare ci invita a riparare una mensola che si è un po’ scheggiata, invece di farla finire in discarica per poi sostituirla con una identica. Sappiamo anche che arredare la nostra casa con qualcosa di unico è tutta un’altra cosa rispetto a scegliere da un catalogo. Sappiamo anche che rimboccarsi le maniche e lavorare il legno, sbagliando e riprovando, è un passatempo che può portare grandi soddisfazioni. 

 

Che fare, però, se si è assolutamente alle prime armi? O se magari si abita in un appartamento dalle dimensioni risicate, senza un giardino o un garage dove sistemare un tavolo da lavoro e sentirsi liberi di sporcare senza rimpianti? A questo servono le falegnamerie sociali, cioè laboratori dotati di attrezzi, aperti a tutti (previa iscrizione) e gestiti da persone appassionate, pronte a dare una mano. 

 

A Milano dal 2012 c’è Bricheco, all’interno del complesso Stecca 3.0 (di proprietà del Comune) nella centralissima via De Castillia, tra Isola e Garibaldi. Ce ne parla una delle titolari, Lidia Pezzoli.

 

Com’è composto il team di Bricheco?

Attualmente siamo in tre a tenere aperta la falegnameria due giorni alla settimana, il mercoledì e il sabato. Trattandosi di una falegnameria sociale, gli operatori sono tutti volontari. Il Covid-19 ha messo a dura prova le realtà come le nostre, perché è stato disgregante a livello sociale; appena abbiamo riaperto, però, i nostri soci sono subito ritornati, con ancora più voglia di fare.

 

bricheco-2

Credit foto
©Bricheco

Quante persone si sono associate?

In passato siamo arrivati a un massimo di 250, prima del Covid-19 eravamo a quota 130, ora siamo a circa un’ottantina. C’è chi fa la tessera a gennaio e viene regolarmente una volta alla settimana per tutto l’anno e chi, invece, ha un bisogno specifico (come per esempio riparare un comodino), lo risolve e poi non torna più.

 

Qual è il profilo del vostro socio-tipo?

È una frequentazione abbastanza eterogenea. Abbiamo studenti del Politecnico che hanno un bisogno di un appoggio, ma anche pensionati che aggiustano gli oggetti che hanno in casa. Noi mettiamo a disposizione l’attrezzatura e il nostro aiuto: anche chi non è capace, ma ha voglia di imparare, inizia con le cose semplici e poi man mano migliora.

 

Prima della pandemia l’accesso era libero, così capitava che il sabato ci fossero dieci persone a parlare tra di loro e scambiarsi consigli. Ora abbiamo introdotto le prenotazioni perché non possiamo ospitare più di quattro persone contemporaneamente, ma lo spirito è rimasto lo stesso. Si condivide tutto, attrezzi e competenze, e ciascuno pulisce e mette a posto prima di andare via.

 

bricheco-1

Credit foto
©Bricheco

Il progetto è sostenibile dal punto di vista economico?

Le quote associative non sono sufficienti perché sono molto basse, appena 25 euro l’anno, per dare la possibilità di iscriversi anche a chi ha intenzione di venire in falegnameria soltanto un paio di volte. Le spese ci sono: l’affitto da pagare al Comune, la manutenzione dell’attrezzatura, i pezzi di ricambio, la corrente elettrica. Per questo organizziamo corsi a pagamento, i cui proventi in parte vengono reinvestiti nella falegnameria e in parte creano un micro-reddito per i volontari. Stanno funzionando molto bene, abbiamo tante richieste, e questo ci permette di offrire un servizio migliore ai nostri soci.

 

Qual è il classico lavoro col legno che chiunque può imparare, con un minimo di impegno?

Chi è attratto dal legno ma non sa bene cosa fare può cominciare con una scatola, una cornice o anche uno sgabello. Sono oggetti semplici che chiunque può imparare. Poi ci sono anche persone che arrivano da Bricheco perché hanno un’esigenza specifica e altri che, invece, sono capaci di lavorare il legno ma vogliono imparare a utilizzare un determinato attrezzo professionale. 

 

Cosa spinge le persone a voler imparare?

Nulla vieta di andare in un grande magazzino a comprarsi un mobile, ma c’è chi ha il piacere di costruirlo da sé. Le esigenze sono diverse: a volte può essere utile per risparmiare, perché si vuole un prodotto su misura ma commissionarlo a un falegname costerebbe troppo. Ultimamente capita spesso che le persone scovino un’idea su Pinterest, se ne innamorino e la vogliano replicare. Poi c’è chi ha proprio la passione del fai da te e non si accontenta di comprare, perché ci tiene a costruire qualcosa con le sue mani.

 

Si parla tanto di economia circolare, voi questo principio lo mettete in pratica. A vostro parere, sono stati compiuti dei passi avanti in termini di consapevolezza o la nostra società è ancora troppo legata alla cultura dell’usa e getta?

Secondo me questa è una piccola nicchia, questa cultura purtroppo non si è ancora radicata e diffusa a sufficienza. Quando si comprano prodotti scadenti, non ha nemmeno senso farli riparare. Fortunatamente, mi sembra di notare una maggiore consapevolezza tra i giovani di 25-30 anni.