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Alla luce dei possibili cambiamenti climatici, come sarà l'Italia del 2050?

Può valere fino all’8% del Pil pro capite, acuire le differenze tra Nord e Sud, tra fasce di popolazione più povere e più ricche. Le proiezioni sui possibili cambiamenti climatici ci parlano di un acceleratore del rischio in molti ambiti dell’economia e della società.

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©nicoelnino - 123rf

Il rischio connesso ai cambiamenti climatici interessa l’intero territorio italiano e tutti i settori economici. Pur con differenze tra diverse aree che sono interessate in maniera diversa, non ci sono regioni che possono considerarsi immuni dal rischio climatico che sta già crescendo in questi anni, con particolare riferimento agli eventi estremi.

L’analisi realizzata dalla Fondazione CMCC parte dagli scenari climatici che, attraverso un avanzato utilizzo di modelli climatici applicati allo studio della realtà italiana, forniscono informazioni sul clima atteso per il futuro del Paese.

Il quadro che emerge non è positivo: il rischio cresce, nei prossimi decenni, in molti ambiti, con costi economico-finanziari consistenti per il Paese e con impatti che interessano in maniera più severa le fasce sociali più svantaggiate e tutti i settori, con particolare riferimento alle infrastrutture, all’agricoltura e al turismo.
 

Nel peggiore degli scenari, fino a +5°

I diversi modelli climatici valutano l'aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050, rispetto al periodo 1981-2010. Nello scenario peggiore, però, l’aumento della temperatura può raggiungere i 5°C.

In tutti gli scenari aumenta il numero di giorni caldi e dei periodi senza pioggia, in special modo nelle regioni del centro e del sud Italia, con impatti anche sull’ambiente marino e costiero.

Anche se più ricche e sviluppate le regioni del Nord non sono immuni agli impatti dei cambiamenti climatici, né sono più preparate per affrontarli. Per quanto riguarda gli eventi estremi, in Italia la probabilità del rischio è aumentata del 9% negli ultimi vent’anni.
 

I costi economici degli impatti

I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil a fine secolo.

I cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra regioni: tutti i settori economici risultano “impattati” negativamente, tuttavia le perdite maggiori vengono a determinarsi nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese, nell’agricoltura e nel settore turistico nei segmenti sia estivo che invernale.

I cambiamenti climatici richiederanno numerosi investimenti ma allo stesso tempo rappresentano un’opportunità di sviluppo sostenibile: è il momento migliore in cui nuovi modi di fare impresa e nuove modalità per una gestione sostenibile del territorio devono entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali.
 

Più morti climatici e impatti sulle risorse idriche

A causa dell’incremento delle temperature medie ed estreme e alla maggiore frequenza (e durata) delle ondate di calore, bambini, anziani, disabili e persone più fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni.

CMCC calcola, infatti, incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie respiratorie dovuto al legame tra i fenomeni legati all’innalzamento delle temperature in ambiente urbano (isole di calore) e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM10).

Inoltre, gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici si concentrerà sulle risorse idriche, andando a ridurre la quantità di acqua a disposizione, sia a livello superficiale che sotterraneo, in quasi tutte le zone semi-aride con conseguenti aumenti dei rischi che ne derivano per lo sviluppo sostenibile del territorio.

La stagione calda esacerberà, poi, la disponibilità idrica legata al fabbisogno agricolo e alla richiesta turistica.
 

Agricoltura e incendi

Secondo il report di CMCC, i sistemi agricoli potranno andare incontro a una maggiore variabilità delle produzioni, con una tendenza alla riduzione delle rese per molte specie coltivate, accompagnata da una probabile diminuzione della qualità dei prodotti.

Impatti negativi sono attesi anche per il settore dell’allevamento, con impatti sia diretti che indiretti sugli animali allevati e conseguenti ripercussioni sulla qualità e la quantità delle produzioni.

Infine, gli incendi. Come abbiamo visto quest’estate, l’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni, interagendo con gli effetti dell’abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e di quelle che un tempo erano foreste gestite, hanno portato a incendi su vasta scala.

In futuro, si prevede che gli incendi saranno sempre più pericolosi, porteranno a un incremento delle emissioni di gas a effetto serra e particolato, con impatti negativi sulla salute umana e sul ciclo del carbonio.