Marco Colombo: amare, osservare, scattare
Abbiamo intervistato il fotografo e naturalista Marco Colombo, giovane divulgatore scientifico, autore di diversi libri e articoli, appassionato di biologia e natura.
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©Marco Colombo
Parlare con Marco Colombo è come fare un autentico viaggio nella natura. Naturalista, fotografo e divulgatore scientifico, Marco ha ottenuto moltissimi premi prestigiosi grazie ai suoi scatti ad animali più e meno rari: tre volte vincitore del Wildlife Photographer of the year, il concorso di fotografia naturalistica più prestigioso del mondo, Asferico, Festival Mondial de l'Image Sous-Marine e molti altri riconoscimenti che si trovano pubblicati sul suo sito personale.
Alla fotografie, Marco Colombo affianca la divulgazione. Per questo, Cure-Naturali gli ha rivolto qualche domanda.
Come nasce la tua passione per la fotografia?
A soli quattro anni, ricordo che al mare mio padre usciva dall’acqua con maschera e pinne descrivendomi tutto contento che cosa aveva visto sott’acqua. Fu allora che decisi di immergermi anch’io e in breve tempo dimenticai i braccioli: così imparai a nuotare grazie all'interesse per la vita marina.
A 11 anni le mie prime foto: scattavo con le diapositive, poi mi convertii - prima mio malgrado, in seguito invece con sempre più crescente piacere - al digitale. Anche i miei studi riflettono la passione per la natura: mi sono laureato, infatti, presso l'Università degli Studi di Milano in Scienze Naturali con una tesi triennale sull'attività notturna della vipera comune e una magistrale sull'uso dell'habitat nella lucertola muraiola.
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Alle tue foto, grazie alle quali hai vinto numerosi premi, affianchi l’attività di divulgazione. Come si articola quest'ultima?
Le mie attività di divulgazione hanno la forma di un mosaico: mi sono spesso occupato di biologia degli animali e di natura in conferenze, corsi, guide, seminari, workshop. Partecipo spesso in radio - ad esempio su RSI - e in televisione - Geo&Geo.
E poi mostre, visite guidate, faccio educazione ambientale nelle scuole, scrivo articoli per riviste scientifiche - ad esempio Focus Wild - e ho pubblicato diversi libri.
Quindi avvicino diversi tipi di pubblico al tema degli animali e delle piante nel loro complesso, per far capire da diverse angolazioni quante sono le cose inaspettate che ci regala la natura.
Ma la tua forma preferita rimane la fotografia. Raccontaci qualche tua esperienza sul campo.
Racconterò un paio di incontri. Il primo è quello che ho avuto con la mobula, la cugina mediterranea della manta. Ero in mare aperto e scattavo ancora con le diapositive.
Me ne rimanevano solamente nove - in acqua non si può cambiare rullino - quando me la trovai davanti. Era larga almeno tre metri, un animale raro e bellissimo. Insomma, ho fatto nove foto e poi mi sono goduto l’incontro. Non potevo fare altro.
Un altro animale raro che mi ha regalato un’esperienza fantastica è stato il proteo, una salamandra bianca e cieca che vive nelle acque sotterranee. Per raggiungerla, mi sono calato in una caverna profonda 40 metri sotto terra insieme a un gruppo di speleologi.
Eravamo in Friuli-Venezia-Giulia, uno dei pochi habitat naturali del proteo. Per un’immersione nel lago sotterraneo durata 40 minuti ci sono volute 7 ore di logistica. Ma ne è valsa sicuramente la pena.
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In merito all’educazione ambientale, su che cosa ti concentri con il pubblico?
Prima di tutto ci tengo a raccontare come evitare gli estremismi e le polarizzazioni: un meccanismo acuito dall’utilizzo dei social, che crea scontri tra fazioni come se fossimo allo stadio. E di mezzo ci vanno sempre gli animali: vedi lupo contro allevatori, serpenti contro escursionisti, per fare qualche esempio.
Io ci tengo a spiegare quanto siano complesse le dinamiche nel rapporto tra uomo e natura: bisogna essere onesti su questo argomento e raccontare che anche se un insetto non serve apparentemente a niente, esso ha dignità di vita indipendentemente che sia utile a noi o meno.
Capita spesso che dopo questi incontri, le persone cambino approccio con gli animali. Ci sono persone che hanno cominciato a incuriosirsi di fronte a un ragno o un serpente, finendo per scattagli una foto. Ecco, questa secondo me è la vittoria più grande.
Studi scientifici hanno dimostrato come l’uomo protegga la natura anche in base a criteri estetici, e la fotografia può avere il merito di far piacere (e alla lunga cambiare atteggiamento) anche gli animali meno noti e apprezzati.
Se riusciamo a incuriosire la gente e fare in modo che vogliano conservare la foto di un serpente, significa che si è instaurato un effettivo rapporto di rispetto tra l’uomo e l’animale.