La città come organismo vivente (di cui avere più cura)
Una ricetta per "mettere a dieta" le nostre metropoli e riattivare un metabolismo urbano efficiente e sano è il contenuto dell'ultimo libro di Paola Pluchino, biologa ambientale.
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Sostenibilità urbana e metabolismo urbano
Si fa presto a dire città. Nel 2015 il 54% della popolazione mondiale, circa 3,99 miliardi di persone, era concentrato nelle metropoli. Nel 2018 gli abitanti urbani sono diventati 4,2 miliardi e le stime del World Urbanization Prospects considerano che nel 2050, su una popolazione globale di 9,77 miliardi di persone, il 66% (circa 6,44 miliardi di individui) abiterà in una città. In quali condizioni?
La sostenibilità urbana non può che diventare una delle sfide prioritarie del nostro tempo. Ma per far questo, occorre un sincero ripensamento dei modelli di sviluppo.
Nel 1965 Abel Wolman però per primo parlò di metabolismo urbano indicando tutto quel sistema di materiali e materie prime necessarie al mantenimento degli abitanti di una città in casa, nel proprio posto di lavoro e durante il proprio tempo libero attraverso l'approvigionamento di risorse che vengono imagazzinate come riserve e utilizzate per un'equa distribuzione di energia e servizi per una popolazione in aumento fino alla gestione degli scarti e dei rifiuti prodotti dalla società e dalla catena produttiva. Passaggi che possono essere, duque, letti come fasi del processo che mantiene in vita un organismo vivente.
La "dieta" insostenibile delle nostre città
E' Paola Pluchino, biologa ambientale ed esperta nella valutazione dei rischi ambientali e territoriali coinvolta nella pianificazione degli interventi di green economy e innovazione sostenibile urbana per aziende ed enti locali, a sbrogliare un po' la matassa e ad aiutare l'uomo comune a leggere la società regalando un'immagine alla quale viene subito innato pensare di dare cura: la città come organismo vivente la cui salute dipende dalle nostre responsabilità.
L'autrice del libro "La città vivente. Introduzione al metabolismo urbano circolare" presentato a Milano in occasione Salone della responsabilità sociale e dell'innovazione sociale, traccia quella che dovrebbe un'equilibrata dieta della longevità per questo "animale" che sono le città che abitiamo.
C'è tutto uno stile di vita da correggere: l'estrazione di materiali da combustibili fossili, minerali preziosi e biomassa è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 50 anni: 184.000.000.000 di tonnellate (sì, gli zeri vanno contati con calma) di estrazioni di materie prime previste per il 2050, una quantità insostenibile.
Più da vicino, il nostro Paese non ha ancora ottenuto livelli soddisfacenti di raccolta differenziata, la dispersione di acqua potabile lungo le reti idriche gestite a livello locale, il consumo di suolo mal regolamentato che è responsabile della diffusa emergenza del dissesto idrogeologico presente su molti territori italiani e che minaccia la biodiversità ricca e preziosissima ma ormai sempre più fragile e a rischio.
Strategie di metabolismo circolare
E' una questione di peso. Il peso "insostenibile" delle attività umane destinato a portare un collasso dei sistemi urbani, se non rivisti in un'ottica di un uso responsabile delle risorse.
Una dieta dimagrante, allora potrebbe essere quello che ci vuole. E per Paola Pluchino, questo regime di benessere cui tendere si chiama economia circolare.
Approcci positivi comprendono:
> la resilienza urbana (la capacità di mantenere un equilibrio tra le funzioni sociali e degli ecosistemi simultaneamente) ridurrebbero i rischi di vulnerabilità di un territorio rispondendo prontamente a eventuali eventi disastrosi;
> la rigenerazione urbana, ossia ripensare alla riqualificazione dell'esistente (pensiamo agli edifici) puntando sula chiusura del ciclo dei materiali di costruzione o demolizione (scarti che possono dunque trovare nuovo utilizzo). La stampa 3D, ad esempio, è una soluzione che parte da materiale riciclati per costruire nuovi arredi urbani;
> il turismo sostenibile: lo sviluppo economico locale (che in Italia ha nel turismo cuore pulsante) pensato con l'obiettivo di preservare l'integrità culturale con i sistemi viventi del territorio;
> le infrastrutture verdi e blu, insieme alla mobilità sostenibile, rispettano la conservazione della biodiversità, la stabilizzazione del clima e il ricilo dei rifiuti non andando a consumare porzioni spropositate di suolo;
> l'innovazione sociale senza la quale non avviene la circolazione e lo sviluppo di nuove idee, nuove opportunità alo scopo di migliorare il benessere dei cittadini;
> l'innovazione tecnologica, le smart cities e i big data come strumenti per una vita migliore: connettività, sensori e informazioni geo-spaziali disponibili da qualunque dispositivo, accesso ai dati potranno facilitare la quotidianità ed essere uno strumento di contrasto alla criminalità;
> l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica per ridurre i consumi e la necessità di ricorrere alle fonti fossili con un conseguente risparmio economico per tutti.
Questo schema "alimentare" non prevede soluzioni drastiche o irrealizzabili, ma Paola Pluchino vede una, rilevante, complessità. La vera sfida sta nell'imparare a gestire questi aspetti come interconnessi: "siamo abituati a fare analisi e studi, piani di intervento estremamente settoriali con il rischio di perdere di vista l'insieme - denuncia la bioloba ambientale -. Il fine che dovremmo avere bene in mente quando ci occupiamo di depurazione delle acque oppure di smaltimento dei rifiuti dovrebbe essere sempre lo stesso, il benessere dei cittadini".
Così è per la salute di ogni nostra singola cellula, così potrebbe essere per le nostre città.