L'ondata di caldo canadese e il rischio di una nuova normalità
49,5 gradi. È la temperatura record che è stata toccata nella cittadina canadese di Lytton. Non si tratta di una casualità, ma di una chiara manifestazione dei cambiamenti climatici dovuti all'azione umana.
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Lytton, simbolo della crisi climatica
Fino a pochi giorni fa, nemmeno i canadesi avrebbero saputo collocare sulla cartina geografica Lytton, paesino da 250 anime nella British Columbia, a tre ore di auto da Vancouver. Qui, mercoledì 30 giugno 2021, la colonnina di mercurio ha toccato i 49,9 gradi centigradi; la temperatura più alta mai registrata nella storia del Canada.
Purtroppo non è stato l’unico evento eccezionale a infrangere la consueta tranquillità della zona. Già nella serata del 30 giugno, la cittadina veniva avvolta da un denso fumo nero e gli abitanti scappavano in fretta e furia, dopo aver riempito alla bell'e meglio il bagagliaio delle loro auto.
Nell’arco di poche ore, di Lytton non era rimasto quasi nulla. Case e infrastrutture erano state ridotte in cenere da un incendio divampato per cause ancora sconosciute e propagato dal clima caldo, secco e ventoso. Si parla di due vittime, ma i soccorritori non sono ancora riusciti a raggiungere il paese, ormai semidistrutto, a causa dell’aria irrespirabile.
Il perché dell’ondata di calore in Canada
Lytton è il tragico simbolo del caldo record che tra fine giugno e inizio luglio ha colpito la British Columbia (Canada), l’Oregon e lo Stato di Washington (Usa). Sono stati registrati 48 gradi a Vancouver, 46 a Portland, 41,6 a Seattle. Nell’arco di appena cinque giorni sono morte improvvisamente 486 persone, il triplo rispetto alla norma.
È successo quello che tecnicamente si chiama heat dome, o cupola di calore. Una massa d’aria calda proveniente dal Messico si è spostata verso nord ed è rimasta “intrappolata” sotto la corrente a getto, cioè una corrente d’aria che ruota in senso antiorario. Così facendo, l’aria calda è stata compressa verso il suolo, diventando ancora più calda, e le correnti fresche provenienti dal mare non sono riuscite a penetrare. Un po’ come l’acqua che ribolle dentro una pentola con il coperchio chiuso.
Le cupole di calore esistono da sempre, ma il riscaldamento globale le rende molto più frequenti, lunghe, intense ed estese rispetto anche solo a pochi decenni fa. Lo sostiene – dati alla mano – il meteorologo Michael E. Mann sulle pagine del New York Times.
Potrebbe essere solo l’inizio
“Quest’ondata di calore è soltanto l’inizio”, tuona su Twitter l’attivista svedese Greta Thunberg, invitando a considerare l’accaduto in tutta la sua drammaticità, senza fermarsi alle foto degli increduli canadesi che si rinfrescano in piscina.
La pensa esattamente come lei Nikos Christidis, climatologo presso il Met Office britannico. “Senza i cambiamenti climatici indotti dall’uomo, sarebbe stato pressoché impossibile raggiungere queste temperature da record nell’Ovest degli Stati Uniti a metà giugno, perché c’è una probabilità ogni migliaia di anni che ciò si verifichi in natura.”
“Nel clima odierno, avere un giugno estremamente caldo è comune ed è probabile che si verifichi due volte in tre decenni. Ad ogni modo, un’analisi condotta da diversi modelli informatici suggerisce che entro la fine del secolo queste temperature estreme siano più probabili. Si stima che l’influenza umana abbia incrementato di diverse migliaia di volte le probabilità di un nuovo record”, conclude.