Plastica: siamo sicuri che riciclarla sia sufficiente?
Da anni il riciclo della plastica è entrato a far parte della nostra quotidianità: ma siamo sicuri che sia sufficiente riciclarla per risolvere i problemi che causa all'ambiente?
Sulle confezioni e sugli imballaggi di tutto ciò che acquistiamo, di qualsiasi tipo, sono indicate la composizione del materiale e l'eventuale tipo di riciclo. Ormai quasi tutti sappiamo leggere i simboli che indicano da cosa è composto qualsiasi imballaggio, codificati secondo la direttiva europea 94/62/CE e recepita in Italia dal Decreto Ronchi, abrogato poi successivamente.
L'Italia è in attesa di una nuova legge, nel frattempo le simbologie riportate nel decreto vengono ancora utilizzate dai produttori, seguendo anche le linee guida sull'etichettatura dell'Istituto Italiano Imballaggio.
Tutto quello che può essere riciclato trova stampato sulla confezione, o impresso direttamente sull'oggetto, il disegno con le tre frecce a triangolo (codificato dalla Society of the Plastics Industry americana), con all'interno l'abbreviazione del materiale.
Ciascuno di noi (ci si augura) si impegna a leggere le etichette e dividere le varie parti della confezione: lo scopo è quello di ridurre l'inquinamento tramite l'aumento della frazione riciclabile dei rifiuti. Ma siamo davvero sicuri che sia sufficiente riciclare per eliminare i problemi ambientali, quali il fenomeno chiamato “marine litter”?
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Di plastica non ce n'è una sola
La plastica è un materiale economico e molto diffuso: raramente si trovano imballaggi e confezioni che non ne contengano, soprattutto nella grande distribuzione commerciale. Differenziare e riciclare non è più sufficiente per eliminare la plastica e le microplastiche, come molte sostanze tossiche che ne derivano, dall'ambiente e perfino dall'alimentazione.
La plastica è praticamente ovunque: quel che noi chiamiamo “plastica” comprende una più ampia quantità di polimeri, e non tutti hanno lo stesso ciclo di vita e di riciclaggio. In alcuni prodotti i vari tipi di polimeri coesistono e risultano difficilmente separabili tra loro.
La plastica non può essere riciclata all'infinito: prima o poi deve essere smaltita come rifiuto puro, quindi cioè come plastica, e ammesso che possa anche essere riassorbita dall'ambiente (Quale ambiente? Il giardino dietro casa? La discarica? Il mare?) ci vorrebbero decenni.
Le tabelle che riportano i tempi di smaltimento naturale, senza intervento da parte dell'uomo, dei vari materiali sono chiari: le bottiglie di plastica per l'acqua impiegano 400 anni per scomparire dall'ambiente, attraversando una vera e propria odissea, mentre una qualsiasi confezione di detersivo o di cosmetico circa 300. Tutto dipende dal tipo di plastica con cui sono stati confezionati, è vero, ma comunque l'ordine di grandezza è quello delle centinaia di anni.
Anche i dati statistici europei e nazionali ci dicono che non basta riciclare: ne è un esempio l'annuale rapporto della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, a cui fanno riferimento anche il Ministero dell'Ambiente e quello dell'Economia.
Primo dato che balza all'attenzione è la percentuale di plastica che viene riciclata: tramite i dati raccolti attraverso i MUD (che sono i modelli unici con i quali chi gestisce i rifiuti, compresi gli enti pubblici locali, dichiara al Ministero dell'Ambiente come smaltisce e ricicla i propri) risulta che solo il 41% della plastica gestita viene avviata al riciclo.
E soltanto il 63% di quella immessa al consumo viene effettivamente riciclata e riutilizzata. In teoria tutta la plastica può essere riciclata, ma in realtà non è così.
Molta plastica finisce ancora nella frazione indifferenziata: mozziconi di sigaretta, bastoncini di cotton fiocc, cannucce, piatti, bicchieri e posate di plastica, imballaggi contaminati da alimenti, grucce, spugne, confezioni di sostanze indicate come tossiche, e molto altro.
Plastica, reciclare non basta
Dove va a finire tutto questo? La moltitudine di quei rifiuti in cui la plastica non è frazionabile finiscono in un generico calderone che viene smaltito in discariche o inceneritori, quando non direttamente dispersi nell'ambiente, con conseguenze sulla qualità di aria e acqua che ben conosciamo.
Gli sforzi per destinare al riciclo quanta più plastica possibile sono stati tanti, ma la produzione di materiali usa e getta è purtroppo cresciuta negli ultimi mesi, a causa della diminuzione del prezzo del petrolio. Questo significa più plastica in circolazione, ed emissioni di lavorazione del materiale in aumento.
L'usa e getta è ancora largamente sfruttato a livello commerciale, e non sempre ci rendiamo conto di quanta sia invasiva la plastica nelle nostre vite.
Riciclare non è più sostenibile, e non è più nemmeno sufficiente. È arrivato il momento di sostituire ed eliminare questo materiale, in qualsiasi forma, e di qualsiasi provenienza, perchè il destino della plastica, di tutta la plastica è, e resterà sempre, quello di continuare a esistere come rifiuto prima o poi non più riutilizzabile, né smaltibile, incastrato da qualche parte.
Gli studi Europei per monitorare l'andamento del riciclo sono accurati e puntuali, e i dati sono scoraggianti. Le iniziative per incentivare una nuova coscienza ecologica sono in aumento: Legambiente ha lanciato una campagna per disincentivare l'utilizzo dei prodotti usa e getta indicando alcune alternative comportamentali.
Così come sono in aumento numerosi studi per cercare alternative all'attuale processo di riciclo: l'università Cattolica è coinvolta nel progetto Microplast, “finalizzato alla comprensione dei meccanismi di degradazione del polietilene da parte dei batteri”.
A fronte di queste informazioni gli obiettivi per l'eliminazione della plastica sembrano lontani e ambiziosi, ma tutti possiamo fare un piccolo passo per contribuire. Prestiamo sempre più attenzione alle etichettature quando scegliamo un prodotto, eliminiamo dalla nostra quotidianità materiale in plastica, preferendo componenti biodegradabili al 100%, passiamo alla carta, più facilmente riciclabile, torniamo al vetro, ed evitiamo tutto quanto non indispensabile. L'ambiente ringrazia, e il nostro benessere e la nostra qualità di vita anche.
Fonti consultate:
> www.fondazionesvilupposostenibile.org
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