L'industria del pesce contro Seaspiracy
Ferve l'attesa per Seaspiracy, il nuovo documentario Netflix sull'impatto ambientale della pesca. Immediata la levata di scudi da parte della lobby del settore.
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Un attacco frontale a Netflix
“Produrre novanta minuti di propaganda vegana e chiamarla ‘documentario’ è ipocrita”. Con queste parole John Connelly, presidente del National Fisheries Institute, si scaglia contro Netflix. La celebre piattaforma di streaming è rea di aver prodotto e distribuito Seaspiracy, un’inchiesta sull’insostenibilità della pesca in uscita mercoledì 24 marzo.
All’associazione di categoria che riunisce l’intera filiera statunitense del pesce, dal peschereccio fino al ristorante, questa nuova indagine non è proprio andata giù. Insieme alla “sorella” Cowspiracy dedicata agli allevamenti intensivi, farebbe parte di un intero filone di “film basati su esagerazioni, menzogne e teorie del complotto” che trova sempre più spazio nel palinsesto di Netflix.
Stando a un documento riservato di cui la testata Plant Based News è entrata in possesso, la lobby avrebbe intenzione di avviare una campagna di comunicazione parallela per mettere in evidenza quelle che vengono bollate come inesattezze e puntare il dito contro l’insufficiente supervisione da parte di Netflix sulla veridicità dei contenuti.
Ferve l'attesa per Seaspiracy
“Questo film trasformerà radicalmente, e per sempre, il modo in cui noi pensiamo e agiamo per la tutela dell’oceano. È arrivato il momento di focalizzare le nostre preoccupazioni ambientali ed etiche sui mari e sulle creature che li abitano. Inizia una nuova era legata al modo in cui trattiamo l’habitat più importante del nostro Pianeta”.
Si presenta così Seaspiracy, documentario diretto da Ali Tabrizi, che ha fatto parlare molto di sé già con la messa online del trailer. Il produttore esecutivo è Kip Andersen, direttore esecutivo dell'Animals United Movement, già regista, produttore e protagonista di Cowspiracy.
Finanziato tramite una campagna crowdfunding su Indiegogo, Cowspiracy aveva puntato i riflettori sulle distorsioni legate all’industria della carne, facendo scoprire al grande pubblico un mondo fatto di sofferenze per gli animali, consumo di acqua e suolo, deforestazione ed emissioni di enormi quantità di gas serra climalteranti.
Temi sui quali addirittura le organizzazioni ambientaliste si erano dimostrate a lungo troppo timide, preferendo focalizzare le loro campagne su altri comparti, combustibili fossili in primis.
C’è da aspettarsi che Seaspiracy segua un percorso analogo, almeno stando alla grande domanda che pone fin dal titolo: esiste una pesca sostenibile? Il film troverà ad attenderlo una community di oltre 200 milioni di persone, disseminate in più di 190 Paesi. Con numeri e argomenti del genere, c’è da stare certi che farà discutere e riflettere.