Il cibo nello yoga integrale
Cibo e yoga. Quali sono le migliori attitudini riguardo questo tema quando si vuole intraprendere un cammino di scoperta di sé e di armonizzazione delle parti che costituiscono il nostro essere? È il cibo un ostacolo o uno strumento?
Come da definizione, lo yoga integrale, o purna yoga, non rifiuta alcun aspetto della vita, ma piuttosto ne cerca una perfezione sia individuale che collettiva da offrire interiormente nel contesto di un’evoluzione ascendente che si manifesti tanto nello spirito, quanto nella vita, nella mente e nella realtà materiale stessa.
Il cibo è uno degli argomenti più classici delle tradizioni spirituali e delle religioni, ed ognuna di esse ha nei millenni tentato di regolamentare l’alimentazione per mantenere un corpo sano ma al contempo permettere allo spirito di salvaguardare la propria libertà senza farsi imprigionare dall’ingordigia o dalle conseguenze di un’attitudine sbagliata.
Esplorando il mondo dello yoga scopriremo un’infinità di precetti di questo genere: quali cibi mangiare, in che orari, con quale attitudine, come offrire il pasto al divino, cosa non mangiare assolutamente, come cucinare, come trattare gli ingredienti, e altre mille regole.
Come viene affrontato l’argomento nello yoga integrale? Quali indicazioni può trovarvi chi è interessato all’argomento?
Ovviamente il tema non si può esaurire in un solo articolo ma proveremo a dare delle indicazioni di massima tratte dai testi di Sri Aurobindo e la Madre.
Il cibo nello yoga integrale
Anzitutto bisognerebbe cominciare dalla consapevolezza dello scopo del cibo: il mantenimento del corpo.
L’atto di cibarsi serve a sostituire la materia che compone il corpo con della nuova, e a provvedere agli elementi che ne consentono un corretto funzionamento; pertanto, affinché non si cada in estremismi come un eccesso di cibo dato dalla ricerca del piacere o una carenza di cibo causata da un’eccessiva rigidità etica, l’atteggiamento migliore è l’equanimità: mangiare consapevolmente la cosa migliore che il corpo richiede.
Ovviamente un corpo non educato tende a fare richieste basate sul piacere e sual desiderio; è importante quindi una disciplina preliminare, una sorta di pacificazione nervosa attraverso la quale il reale bisogno spicchi in mezzo ai vari desideri. L’importanza del cibo non dovrebbe mai venir esasparata e mutate in avidità o repulsione.
Dal punto di vista delle energie sottili, il cibo porta con sé una certa quantità di inerzia, un principio che in sanscrito viene chiamato tamas, oscurità, cosa che appesantisce l’essere e spesso lo richiama dai suoi voli pindarici.
Ecco perché in genere i ricercatori spirituali riducono le quantità di cibo e scelgono solo alimenti leggeri, affinché lo spirito non sia gravato dalla pesantezza materiale. Tuttavia lo yoga integrale mira a portare la coscienza nel corpo, e quindi una completa astrazione dal supporto materiale non è desiderabile.
I guna e l'alimentazione
Il cibo e la disciplina nello yoga
Affinché il corpo sia in grado di distinguere tra reali bisogni e desideri, è importante una disciplina e un’educazione mirata, che può (anzi, dovrebbe) cominciare fin da tenera età, insegnando con l’esempio che lo scopo dell’alimentazione è mantenere il corpo in salute e non soddisfare la gola.
Parlando ancora di energie sottili, è importante lo stato di coscienza durante la preparazione del cibo, poiché le vibrazioni entrano nei piatti.
Cucinare in silenzio, scegliendo con cura gli ingredienti, senza fretta, con consapevolezza, darà al piatto una vibrazione che innalzerà chi andrà a mangiare la portata.
Il piacere tratto dal cibo di per sé non è un male, ma la bramosia e l’esagerata importanza data al gusto per il gusto non aiuta nello yoga.
Nonostante la consapevolezza del piacere, bisogna essere pronti a mangiare quello che c’é. Per raggiungere la migliore attitudine nei confronti del cibo esistono due modi: uno è il distacco, ovvero il vedere nel cibo niente altro che una necessità animale da sbrigare senza importanza, senza piacere né disgusto, mentre l’altro è la perfezione, ovvero una conoscienza più che scientifica della biochimica, deille necessità organiche del corpo umano e del mantenimento della sua salute.
Riguardo alla carne, nello yoga integrale non troviamo alcun tabù e nessuna regola universale: tutto dipende dalla persona e dal tipo di energie di cui abbisogna yogicamente. Alcuni hanno bisogno di radicarsi nel corpo per la loro tendenza ad astrarsi mentre altri dovrebbero mangiare cibi sattvici per elevare una natura troppo pensante.
Ad ogni modo la Madre scrive che con la carne si assorbe un po' della coscienza dell’animale che spesso, per via della macellazione, porta con sé un agonia impressa dai nervi nella massa muscolare.
La Madre definisce tre stadi: quella delle persone concentrate nella comune vita materiale, quella delle persone che cercano di elevare la coscienza, e quella di chi cerca una vera trasformazione. Per le prime non fa molta differenza mangiare o meno carne; le seconde dovrebbero cercare un cibo che elevi, mentre per le terze è di estremo interesse lo scoprire quali sono i cibi e le attitudini alimentari che aiutano o che ostacolano la trasformazione, accennando anche al bisogno della ricerca di una nuova forma di alimentazione oltre il vegetarianesimo.