Kanji, il probiotico indiano
La globalizzazione può avere effetti positivi, come il darci la possibilità di imparare e fare a casa propria un'antica ricotta probiotica del Punjab che sta spopolando tra gli amanti del benessere: il kanji, bevanda fermentata a base di carote nere e barbabietole.
Una delle bibite tradizionali più popolari in India durante la festa di Holi, la festa dei colori, è il kanji, un’antica bevanda fermentata che le moderne ricerche scientifiche hanno dimostrato essere uno dei migliori probiotici.
Questa bevanda originaria del Punjab, nel nordovest dell’India al confine col Pakistan, viene bevuta ai nostri giorni un po’ dappertutto, come molti altri cibi e bevande fermentati tipici dell’India, pickle in primis.
Si tratta di una bevanda lievemente gassata, per via della fermentazione, molto aromatica e fortemente digestiva.
Cosa contiene?
Gli ingredienti sono variabili nelle quantità e a seconda della disponibilità stagionale o locale.
Se e quando disponibili, il primo ingrediente è rappresentato dalla carote nere, in parte integrate (o talvolta sostituite) dalle barbabietole. Entrambi questi ingredienti sono i principali responsabili del colore rosso-violaceo scuro, indice di presenza di antociani e flavonoidi.
A queste verdure sono aggiunti semi di senape nera, sale e acqua. Tradizionalmente tutti questi ingredienti vengono messi assieme in una giara e tenuti per una settimana in un angolo della casa esposto al sole, quindi al calore naturale.
Dopo circa una settimana (un po’ di po' di più nel caso le temperature non siano abbastanza alte) il kanji sarà amarognolo e frizzante, pronto per essere consumato.
A quel punto si filtra, tenendo da parte carote nere e barbabietole per altri processi di fermentazione, come i pickle.
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Ingredienti
> 1 cucchiaio di semi di senape nera
> 4-5 carote nere;
> 1 barbabietola;
> 1 cucchiaio di sale;
> acqua a sufficienza per ricoprire tutto il material (minimo 6 tazze).
Preparazione:
> Pestare in un mortaio i semi di senape;
> tagliare per lungo le carote e le barbabietole;
> riempire d’acqua e ricoprire con un panno;
> riporre in un angolo esposto al sole per una settimana;
> mescolare con un cucchiaio di legno una volta al giorno;
> quando il sapore diviene pungente significa che il kanji è pronto;
> filtrare, imbottigliare, mettere in frigo per conservarlo e consurmarlo fresco.
Gli amanti del piccante mettono un mezzo cucchiaino di peperoncino nel prodotto finite.
I benefici della fermentazione
Il processo di fermentazione che il kanji condivide con la kamboucha si basa sull’azione di ciò che in inglese viene chiamato con l’acronimo SCOBY, ovvero Symbiotic Colony Of Bacteria and Yeast, vale a dire Colonia Simbiotica di Batteri e Lieviti.
Queste colonie di lieviti e batteri sono fortemente probiotiche, hanno un forte impatto sulla salute dell’intestino (grazie alla fibra predigerita delle verdure) e sul benessere della flora batterica intestinale, con un importante feedback positivo sul sistema immunitario.
Inoltre il kanji è un’ottima forte liquida di carboidrati facilmente assorbibili, per questo motivo si usa bere un bicchiere di kanji al mattino.
Il Kanji è ottimo contro la disidratazione, il sapore piccante e acido riduce la sudorazione e quindi la perdita di liquidi, apportandone per contro in grande quantità.
Il kanji è anche riconosciuto come un buon supporto casalingo per le terapie antivirali: il consumo di kanji e quindi il miglioramento delle performance del sistema immunitario aiutano nella prevenzione di molti tipi di malattie virali.
Ideale nei casi di diarrea perché, come detto, combatte la disidratazione, uno degli effetti della diarrea. Aiuta l’intestino, lo pulisce e supporta la proliferazione di una sana e forte flora batterica.
Sapore e contenuti zuccherini
Come detto, il sapore è strano, aspro, in qualche modo pungente o addirittura lievemente piccante: è uno di quei sapori a cui bisogna imparare a fare la bocca, poiché siamo troppo abituati alle bevande zuccherate, dolcificate, poiché anche quelle fermentate spessissimo contengo qualche zucchero, come la gran parte delle versioni di komboucha e kefir.
Gli zuccheri necessari a nutrire i batteri sono già nelle verdure: carote e soprattutto barbabietole sono ricche di zuccheri.
I batteri responsabili della fermentazione, inoltre, si trovano sulla buccia delle verdure, e quindi l’ideale sarebbe non pelarle ma solo pulirle bene.
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