Alla scoperta dei Ninja e del Ninjitsu
In mezzo alle arti marziali più conosciute e praticate ce ne sono alcune più di nicchia: il ninjitsu è una di queste. Scopriamola con Edgar Iglesias Lopez
Talvolta non è facile trovare una scuola o un maestro di ninjitsu, anche solo per capire cosa può dare ancora questa arte oggi.
Conobbi Edgar tramite alcuni miei allievi e percepii subito la qualità del suo insegnamento. Abbiamo speso un po' di tempo conoscendoci, rivedendo i video dei nostri combattimenti, e organizzando assieme una manifestazione di arti marziali in Asia.
In questo modo ho capito quanto sia solido come artista marziale e ho scoperto meglio il mondo del ninjitsu, arrivando a capire non solo quanto sia affascinante, ma anche quanto possa essere pratico. Ecco la sua intervista.
Edgar, dicci cosa significa praticare il ninjitsu oggi. Noi conosciamo quest’arte attraverso film e leggende che ci presentano il ninja come qualcosa di quasi magico. Cosa c’è di vero?
Ufficialmente esistono due scuole riconosciute al mondo che possono dire di praticare ed insegnare ninjitsu.
L’alone di misticismo si è sempre accompagnato col ninjitsu, ma credo che questa percezione di arte mistica derivi da ciò che il nemico percepisce da un attacco ben fatto: poiché le vittime non capiscono l’attacco, lo credono intriso di misticismo ma non è così, si tratta solo di controllo mentale unito a qualche trucco difficilmente comprensibile che le menti semplici possono spiegarsi solo col concetto di “magia”, un po’ come accade ai prestigiatori che vengono chiamati maghi.
Un esempio: il ninja fuggendo si aggrappa ad una corda da lui preparata, legata ad un pesante masso tramite un albero; mentre è inseguito taglia la corda e viene proiettato sulla chioma dell’albero: per chi non vede il trucco, il ninja ha la capacità di volarsene via.
Quindi si tratta solo di trucchi e atletismo?
L’aspetto mistico e quello spirituale sono differenti e non dovrebbero venire mischiati. L’aspetto spirituale si sviluppa contemporaneamente alla pratica marziale: corpo, mente e spirito devono essere in equilibrio.
Se insegni ninjitsu ad una persona che non è bilanciata, crei un assassino. Per tanto: rispetto, competanza, spirito di osservazione. Nel mio ninjitsu il senso di rispetto gerarchico è molto forte.
L’unico vero aspetto mistico è il kuji kiri, posizioni delle mani esattamente come i mudra dello yoga. Sono delle antiche forme di digitopressione curatrice, in grado tra l’altro di attivare alcune energie fisiche e quindi modificare le proprie prestazioni.
Chi si avvicina oggi al ninjitsu? Cosa può trarne un moderno artista marziale?
Il ninjitsu non è uno sport, non c’è un aspetto legato alla competizione. Un praticante di ninjitsu può essere un ottimo lottatore ma questo non è il suo scopo. Si tratta solo di uno degli aspetti studiati.
Molte persone sono interessate, anche i lottatori ovviamente, per via della libertà, in quanto non è un’arte marziale ristretta da regole. Non essendoci regole, si studia un tipo di combattimento veramente completo.
Probabilmente, per via delle leggi, al giorno d’oggi non è più così pienamente utile come ai tempi dei ninja, ma molti aspetti sono ancora ottimi. Per esempio nel combattere a terra non usiamo la forza ma premiamo molti punti di pressione, e questo è utile a tutti. Non hai bisogno di essere super in forma, anche se sei sovrappeso, se sei piccolo, non ci sono limiti fisici, è l’autodifesa senza limiti: come prevalere in ogni situazione la vita ti mette davanti.
Come sei arrivato al ninjitsu?
Cominciai col taekwondo, che mi spalanco le porte del mondo della difesa personale. Iniziai le arti marziali perché ero una vittima, psicologicamente parlando, rimanevo bloccato, incapace di difendermi.
Ma non praticai a lungo taekwondo: nei miei 12 anni in India feci inoltre karate, che mi diede una solida base che utilizzo tutt’ora, e per tutta la vita ho provato diverse arti marziali, come il kalarypayattu in India e il muay thai in Thailandia, dove vinsi il mio ultimo incontro a Kopipi Island.
Dopodiché, durante un periodo in cui non mi allenavo, in Spagna, mi incontrai con un amico in un bar, scoprendo casualmente di lì a poco che il proprietario del locale era un maestro di ninjitsu.
Ho cominciato con lui un percorso di 13 anni di allenamento prima di prendere il primo dan, poi cominciai il percorso per diventare insegnante, anche se nel ninjitsu le cinture hanno poco senso.
Se una persona interessata volesse iniziare, a chi si dovrebbe rivolgere per trovare un corso serio?
La scuola principale è la Bujinkan, dove si praticano i ninjitsu di Iga e Koga, ma c’è una ottima federazione anche alle isole Canarie, la Bernard San Budo Ninjitsu, di cui faccio parte e il mio titolo è riconosciuto dal Ministero dell’Interno spagnolo.
Queste scuole hanno il pieno supporto dal Giappone e dell’Imperatore giapponese, poiché rappresentano degnamente le arti giapponesi all’estero, e sono uno dei 2 maestri di questa scuola ufficialmente riconosciuti oltre il mio istruttore.
Tutti possono praticare ninjitsu?
Il ninjitsu è aperto a tutti ma sta al maestro perendersi la libertà e la responsabilità di accettare o meno un allievo. Tutti possono praticare: maschi, femmine, bambini, sovrappeso, sottopeso, ma ad una condizione: dimostrare equilibrio mentale.
Se hai problemi seri con la droga o hai un passato criminale, verrai quasi sicuramente scartato. Molti vanno e vengono, come in tutte le arti marziali, solo pochi continuano come un percorso di vita.
Il ninjitsu equivale a molta disciplina anzitutto, molte tecniche con le mani, studio di una serie di armi di cui è impossibile fare una lista completa, movimenti in combattimento, osservazione del campo di battaglia, come comportarsi sotto stress.
Il ninjitsu insegna come sopravvivere, l’arte della guerra come era concepita anticamente, come fare trappole, come liberarsi dalle corde, come cacciare, come sopravvivere nella natura. I moderni soldati studiano forme avanzate di ninjitsu, studiano come si pianifica un attacco.
Non puoi disconnetterti da questi aspetti dell’arte marziale: il ninja sa come preparare il terreno per la battaglia, sa come destabilizzare psicologicamente gli avversari, non di rado usando anche il ridicolo o la provocazione.
Arti marziali: quali scegliere?