Trovato in mare un flacone in plastica di 50 anni fa
Rinvenuto nel porto di Ancona un flacone in plastica risalente agli anni '70, completamente intatto. L'oggetto è stato ripescato da Pelikan, l'imbarcazione di Garbage Group per la raccolta dei rifiuti in mare, e testimonia quanto i danni che la plastica può infliggere agli ecosistemi siano persistenti e duraturi.
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Un flacone di plastica risalente agli anni Settanta, testimonianza di un gesto di incuria e inciviltà destinato a pesare a lungo sull'ambiente.
L'oggetto del ritrovamento nelle acque del porto di Ancona da parte di Pelikan- imbarcazione di Garbage Group preposta al ripescaggio dei rifiuti in mare- ha destato la curiosità e la preoccupazione degli incaricati della pulizia.
A dispetto di una rispettabile età di almeno cinquant'anni, il contenitore era infatti completamente intatto.
Un flacone dal passato nel mare di Ancona
Il flacone ripescato era un tempo utilizzato per la distribuzione del Polivetro Sidol: un detergente a uso domestico brevettato nel 1955, pubblicizzato a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta su Carosello e diffuso sul mercato italiano fino agli anni anni Settanta, quando uscì di produzione scomparendo insieme al suo marchio commerciale.
Il prolungato lasso di tempo in cui la confezione è stata reperibile in commercio rende, dunque, difficoltosa una datazione precisa senza analisi approfondite. Tuttavia resta il fatto che, nella migliore delle ipotesi, l'oggetto potrebbe essere stato disperso nell'ambiente cinquant'anni fa.
Il recupero nel Porto di Ancona
La notizia è giunta da Garbage Group, ovvero dalla stessa società responsabile del recupero.
L'azienda opera nel porto di Ancona dal 1957, contrastando attivamente contro l’inquinamento marino tramite la raccolta di rifiuti e lo smaltimento degli scarti delle navi.
Dal 2013 grazie a Pelikan- la cui prua si apre come il becco di un vero pellicano e con il suo motore a elica aspira gli eventuali oggetti galleggianti- la società si occupa anche della pulizia di porti, darsene, insenature e foci dei laghi ripescando rifiuti solidi, oleosi e semisommersi gettati colpevolmente in acqua.
Modelli simili di imbarcazioni rendono lo stesso, prezioso servizio anche a Genova, Bangkok e a Phuket in Thailandia.
Una capsula del tempo
"La plastica è anche 'capsula del tempo', probabilmente la peggiore e più pericolosa di sempre proprio a causa della sua particolarissima durabilità” ha dichiarato il CEO di Garbage Group Paolo Baldoni. “Ritrovare un flacone come questo a chi, come me, ha qualche capello bianco può sembrare assurdo, ma la cosa ancora più grave è che un prodotto di questo genere può resistere tra i 400 e 500 anni in mare”.
L'oggetto testimonia quanto l'inquinamento da materie plastiche possa essere devastante, anche e soprattutto a causa della sua persistenza, per gli ecosistemi.
“La cosa che più colpisce è come l’inquinamento da plastiche si ha sempre e solo a causa del mancato corretto conferimento e conseguente riciclo” ha continuato Baldoni, sottolineando come contrastare questo fenomeno sia un dovere morale, che deve diventare prioritario per la nostra società.
L'inquinamento da plastica
Oceani soffocati dalla plastica. Fondali su cui si posano miliardi di frammenti di microplastiche, in larga parte frutto della disgregazione di oggetti più grandi. Habitat e specie marine a rischio a causa del proliferare di tali sostanze. Dal punto di vista ambientale, i materiali plastici sono uno dei maggiori flagelli di cui l'umanità si è fatta portatrice.
Secondo dati WWF, ogni anno solo nel Mediterraneo finiscono 570 mila tonnellate di plastica, l'equivalente di 33.800 bottigliette di plastica gettate in mare ogni minuto.
Non stanno meglio le nostre coste: stando al rapporto Beach Litter 2020 di Legambiente, dai contenitori per bevande e alimenti ai guanti e alle mascherine usa e getta, l’80% dei rifiuti rinvenuti è di plastica.
Si tratta di una vera e propria emergenza, che la durabilità di tali oggetti dispersi nell'ambiente aggrava ulteriormente: i rifiuti in plastica sono, infatti, in grado di contaminare gli ecosistemi per secoli.
“Continuando di questo passo e senza le adeguate accortezze” ha concluso Paolo Baldoni “gli archeologi del futuro baseranno il loro lavoro su ritrovamenti di questo genere, un lavoro ingrato e che mal qualificherebbe questa nostra generazione che può, con le adeguate tecnologie porre fine a questo scempio".