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Cos'è la "sostenibilità" per Céline Semaan

Dopo anni di esperienza nella moda etica, Céline Semaan ha maturato una personale concezione di sostenibilità. Una concezione un po' scomoda, ma su cui vale la pena di riflettere.

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©mavoimage / 123rf.com

Céline Semaan, chi è e cosa fa

Lavorare nella moda, ma da un altro punto di vista. Con un occhio di riguardo per il Pianeta e le future generazioni. È la missione di Céline Semaan: designer, attivista, scrittrice e instancabile "mente" di progetti di valore.

 

Tutto nasce, racconta, da un programma di formazione rivolto a un milione e mezzo di rifugiati siriani in Libano, condotto da Anera (American Near East Refugee Aid). Partecipando a questo progetto, Semaan ha deciso di mettersi all'opera. Ne sono nate due iniziative:

 

> Slow Factory, un brand di moda etica e sostenibile;

 

> Study Hall, un hub per la condivisione di idee sulla sostenibilità nella moda, che dà ampio spazio alle diverse culture. 

 

Anche grazie alle collaborazioni strategiche strette con il MIT Media Lab e le Nazioni Unite, le Study Hall Conferences sono diventate vere e proprie piattaforme di innovazione che si collocano a metà strada tra accademia, industria e politica.

 

Il loro obiettivo è quello di studiare soluzioni innovative e “disruptive”, capaci di dare un volto nuovo all'industria della moda, più rispettoso nei confronti del nostro Pianeta.

 

Cosa significa "sostenibilità"

Céline Semaan ha una sua personale concezione di cosa significhi "sostenibilità", una concezione per certi versi scomoda, che condivide nelle pagine di Teen Vogue

 

La nostra generazione – esordisce – è la più fortunata nella storia. Noi abitanti dei Paesi occidentali, a differenza dei nostri nonni o addirittura dei nostri genitori, siamo al sicuro nelle nostre case calde e pulite e non sappiamo cosa significhi soffrire la fame.

 

Mentre noi ci teniamo stretto il nostro benessere, a farne la spesa sono le risorse della natura. La crisi ambientale a cui stiamo assistendo altro non è che l'esito della totale indifferenza che l'impresa capitalista ha sempre dimostrato nei confronti della sostenibilità. 

 

Viviamo in un'economia globale che è frutto del colonialismo europeo. Un colonialismo che formalmente ci siamo lasciati alle spalle, ma le cui tracce sono vive ancora oggi.

 

Non è un caso se gli Stati più ricchi sono ancora le antiche potenze coloniali, se le rotte commerciali sono rimaste pressoché le stesse, se i Paesi africani continuano a patire la fame mentre svendono a basso prezzo le loro preziose materie prime

 

Il paradosso, sostiene Céline Semaan, sta nel fatto che le potenze occidentali e bianche, che hanno creato un modello economico insostenibile, ora stiano monopolizzando il dibattito sulla sostenibilità.

 

Sono loro a dettare dall'alto la definizione di sostenibilità e anche a imporre soluzioni che passano sempre attraverso il modello capitalista. In altre parole, sembra che l'unica strada che hanno a disposizione i consumatori sia quella di continuare a comprare, sborsando cifre più alte per nuovi prodotti reclamizzati come "green". 

 

Per questo motivo, conclude, le conferenze Study Hall danno ampio spazio ai punti di vista delle popolazioni nere, ispaniche e indigene. Per creare una commistione tra culture, e trovare il coraggio di cambiare schema di pensiero