The Invisibles: il documentario
Un “cibo marcio”, prodotto di un sistema in cui l'agromafia e il capolarato non sono che “alberi in mezzo alla foresta” del mondo agricolo. Il documentario The Invisibles porta sullo schermo la denuncia dei braccianti, in maggioranza migranti, del sud Italia, dimenticati da sempre e diventati “lavoratori essenziali” durante il lockdown.
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Li chiamiamo braccianti. Perché lavorano con le braccia, per 14-15 ore al giorno, sotto la pioggia o sotto il sole cocente, per raccogliere il cibo che quotidianamente arriva sulle nostre tavole.
Ma quei lavoratori, prevalentemente migranti senza diritti, non sono solo “paia di braccia” al nostro servizio: ce lo ricorda The Invisibles, documentario di Diana Ferrero e Carola Mamberto che, attraverso la voce dell'ex bracciante e sindacalista Aboubakar Soumahoro, mostra i costi umani di una filiera agroalimentare malata e indifferente.
Il documentario che rende visibili gli invisibili
L'idea del documentario, prodotto e distribuito dalla piattaforma globale Doha Debates, nasce a Washington - città di adozione delle due giornaliste Diana Ferrero e Carola Mamberto - durante il lockdown da Covid 19.
A provocarla, l'urgenza di raccontare la disuguaglianza razziale, l'assenza di diritti alla salute e all'assistenza in un momento in cui l'emergenza sanitaria è, in ogni parte del mondo, sotto i riflettori dell'attenzione pubblica e mediatica.
Mentre milioni di persone sono alle prese con la quarantena e il distanziamento sociale, in Italia i braccianti invisibili sono diventati improvvisamente “lavoratori essenziali”: impossibilitati a fermarsi, impossibilitati a proteggersi dal contagio perché privi di tutele.
In un Paese paralizzato, l'assenza di un'identità sociale e l’isolamento li ha costretti a rimanere bloccati nei gruppi di tende che chiamano casa e, mentre i prodotti agricoli marcivano nei campi, hanno dovuto fare i conti con la fame.
Sono gli effetti di quella che a ragione viene definita “schiavitù moderna”, che da anni costringe uomini e donne a sopportare condizioni disumane per una paga infima, spesso inferiore a quella pattuita a parole. Senza pause, senza possibilità di appellarsi a una qualche forma di giustizia.
“Il distanziamento sociale è un privilegio” afferma Aboubakar Soumahoro, ex bracciante italo-ivoriano che- con esperienza e lucidità di analisi- ha fatto da guida a Ferrero e Mamberto, mentre consegnava cibo e mascherine ai lavoratori nei campi del sud Italia.
The Invisibles mette infatti su schermo il lavoro dello stesso Soumahoro, ripreso mentre a sua volta documentava, cellulare alla mano, la vita dei migranti sfruttati.
I suoi video, montati insieme alle immagini ad alta risoluzione girate dal regista locale Sergio Grillo, danno voce al loro coro di denuncia. “Siamo esseri umani, non braccia”, gridano all'unisono in uno spezzone, divenuto virale fra 150.000 follower.
Chi è Aboubakar Soumahoro
Sbarcato nel nostro Paese nel 1999, Aboubakar Soumahoro ha sperimentato in prima persona cosa significa essere un bracciante, emarginato e dimenticato dalla società.
Deciso a uscire da tale condizione, è riuscito a laurearsi in sociologia all’Università di Napoli e, da quel momento, ha continuato come sindacalista e attivista a battersi per i diritti degli ultimi, guadagnandosi parecchio seguito sui social media.
Il paradosso della filiera produttiva alimentare
Gli invisibili lavorano alla mercé delle condizioni metereologiche, senza contratto, per pochi spiccioli, nel silenzio generale. Secondo lo stesso Soumahoro, la regolarizzazione di alcuni lavoratori inserita nel decreto Rilancio del 13 maggio servirà a poco, posto che gli sportelli hanno già annunciato che il 90% dei braccianti ne sarà escluso.
Si tratta, secondo molti attivisti, di una “toppa” a una problematica ben più complessa e profonda, che va oltre persino le agromafie e il capolarato. Situazioni senza dubbio penalizzanti e vergognose, che tuttavia sono solo la punta dell'iceberg di un sistema che da tempo, nella scala dei valori, mette il profitto davanti agli esseri umani.
In tale collaudato meccanismo, non sono gli agricoltori, non sono i caporali i veri datori di lavoro dei braccianti. A capo della filiera c'è la grande distribuzione organizzata che, per mantenere prezzi concorrenziali agli occhi di consumatori troppo distratti o conniventi, impone dall'alto ai contadini prezzi bassissimi per i prodotti agricoli, costringendoli a loro volta a schiacciare i migranti.
La vera differenza - ci avverte The Invisibles per bocca del sindacalista - la farà solo la consapevolezza che il prezzo del cibo va al di là del cartellino esposto al supermercato, e che per fermare l'iniquità occorre dare il giusto valore a ciò che mangiamo.
“Bisogna sapere la fatica, il sudore, lo sfruttamento che a volte c’è dietro a una forchettata dei prodotti che provengono dalle campagne” afferma Soumahoro. “Senza dignità e senza diritti, quel cibo è marcio".