Transizione energetica e opportunità di investimento
La transizione energetica non è “solo” l’arma più importante che abbiamo a disposizione per contrastare i cambiamenti climatici: è anche un’opportunità economica di tutto rispetto.
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Transizione energetica, un imperativo globale
La transizione energetica, cioè il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili, è una delle sfide più urgenti a cui l’umanità sta andando incontro.
L’Accordo di Parigi sul clima, siglato a dicembre 2015 dai 195 paesi partecipanti alla Cop 21, parla chiaro. Per scongiurare conseguenze catastrofiche per il Pianeta, bisogna contenere l’aumento delle temperature globali al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, entro la fine del secolo. Meglio ancora è sforzarsi di non sforare gli 1,5 gradi; anche solo mezzo grado di differenza è infatti dirimente per la sopravvivenza di interi ecosistemi.
Come fare, nel concreto? Ogni Stato ha stabilito le cosiddette nationally determined contributions, cioè i propri impegni di riduzione delle emissioni.
A conti fatti questo è solo l’inizio, sottolineano in molti (tra cui la Commissione europea). Le strategie infatti sono molto eterogenee tra loro, in termini di approccio e orizzonte temporale. E, anche qualora venissero rispettate per filo e per segno, non sarebbero comunque sufficienti a invertire la rotta.
La nostra Europa è stata tra i primi a impegnarsi formalmente, facendo tre grandi promesse per il 2030: -40% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990, il 32% dell’energia da fonti rinnovabili e un miglioramento dell’efficienza energetica pari al 32,5%.
Le rinnovabili sono un affare
Risultati del genere si possono ottenere soltanto con una vera e propria rivoluzione dei nostri sistemi economici. Nell’arco di poco più di dieci anni, dobbiamo riconvertire i trasporti, l'industria, la logistica, l’edilizia, il sistema alimentare, insomma pressoché tutte le attività antropiche, per abbassare il loro impatto ambientale e renderle così sostenibili nel lungo periodo.
Per chi ha a disposizione dei capitali da investire, o anche solo qualche risparmio messo da parte, è un’occasione da non lasciarsi sfuggire.
“Occorrono 20mila miliardi di investimenti nel prossimo decennio; una cifra enorme, pari all’intera economia statunitense. Questo genera enormi opportunità per chi vuole prendere posizione in quelle aziende impegnate nell’adattamento e nella mitigazione”, spiega Luca Tenani, Country Head Italy di Schroders, ai microfoni del Sole 24 Ore.
La transizione energetica è un tema d’investimento a sé stante, che per giunta mostra una notevole peculiarità. “Nella storia sono già avvenute due transizioni energetiche, quella del carbone alla fine dell’Ottocento e quella di oil&gas nel XX secolo. Quella verso le fonti di energia pulita avrà un percorso molto più rapido”.
Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici
Nella sua intervista Tenani cita i due principali approcci al tema dei cambiamenti climatici:
> si parla di mitigazione per indicare tutte le misure che cercano di attenuare i cambiamenti climatici. Si può dire che la transizione energetica sia la più importante misura di mitigazione, perché evita che vengano immessi in atmosfera i gas serra che innalzano le temperature globali;
> l’adattamento, invece, cerca di limitare i danni degli sconvolgimenti del clima che sono già in corso. Costruire barriere contro le alluvioni, o sistemi di allerta preventiva per i tifoni, sono tutte misure di adattamento.
Anche questo secondo approccio offre opportunità economiche di tutto rispetto. A dirlo è la Global Commission on Adaptation, fondata dal’ex-segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, dall’ideatore di Microsoft Bill Gates e dalla direttrice operativa del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva.
Il suo primo report, pubblicato di recente, propone alcune stime relative al decennio 2020-2030. Se a livello globale si investissero 1.800 miliardi di dollari in cinque macro-misure di adattamento (sistemi di allerta preventiva, infrastrutture resilienti, produzione agricola nelle terre aride, tutela delle mangrovie e gestione idrica), i benefici economici netti arriverebbero a 7.100 miliardi.
Difficile trovare altri settori che garantiscano un rapporto così vantaggioso tra investimenti e risultati.