Il digiuno nello yoga
Il digiuno nella pratica dello yoga e i suoi effetti: scopriamo insieme che senso aveva per gli yogi antichi e che senso può avere per noi oggi.
Lo yoga è una disciplina di vastissima portata, che mira ad aprire tutte le dimensioni dell’essere umano, permettendogli di esprimere numerosi stati di coscienza, di armonizzarli in un pieno potenziale in cui il Sé e la Trascendenza possono coesistere.
I metodi utilizzati per questo scopo sono infiniti e, in ultima analisi, variano da scuola a scuola.
In alcuni casi, certe discipline yogiche si basano su ciò che in sanscrito viene chiamata tapasya, ovvero una ferrea disciplina in cui ci si focalizza in modo da generare l’energia necessaria (tapas: calore) per muoversi tra i diversi stati di coscienza superiori.
Talvolta questa tapasya include discipline privative, e per questo in Occidente il termine tapasya è stato spesso tradotto con “austerità" o addirittura “penitenza”, sovrapponendo al significato di queste pratiche, quello a noi più familiare dei Padri del Deserto, degli eremiti mendicanti, dei fachiri del sufismo in cerca di annichilazione, della nigredo degli alchimisti.
In origine, però, lo yoga non ha mai cercato la mortificazione della vitalità e anche nel caso del dare una regola al cibo per farne uno strumento dello yoga, l’approccio non è mai stato morale o relativo ad alcuna penitenza.
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I motivi del digiuno nello yoga
Perché allora digiunare nello yoga? L’analisi della funzione alimentare può essere analizzata su vari livelli, da un lato, il cibo è necessario perché fornisce, attraverso la digestione, energia al corpo, almeno questo è quello che accade nei comuni individui, ma lo yogi esperto si suppone possa trarre energia raffinata da altre fonti sottili, e l’unica cosa che prenderebbe dal cibo è un ricambio di sostanza materiale, non per niente il corpo fisico è chiamato sthula sarira, ovvero corpo fatto di cibo.
Mangiando, però, non ingeriamo soltanto nutrimento materiale ma anche delle vibrazioni, relative alla coscienza del cibo, di chi lo ha preparato, e per chi è sensibile a queste vibrazioni, spesso il comune cibo è un agente inquinante della coscienza.
Le ragioni esoteriche del digiuno nello yoga
Ma addentriamoci un pochino più a fondo nelle ragioni esoteriche del digiuno nello yoga e nelle discipline di ricerca interiore.
La tradizione sapienziale yogica ci dice che l’uomo consuma energia soprattutto attraverso i 3 “fuochi”:
> il fuoco della testa;
> il fuoco della pancia;
> il fuoco del sesso.
Per placare il primo lo yogi cerca il silenzio, per placare l’ultimo lo yogi cerca l’astinenza, e per placare il secondo talvota si può rivolgere temporaneamente al digiuno.
A cosa serve preservare questa energia? Principalmente a generare un’esperienza mistica che possa condurre la coscienza individuale in contatto col Se’ o con la Trascendenza. In questi cammini, la sospensione del cibo, come quella del sonno, provoca stati di coscienza alterati, aumentano la sensibilità e aprono le cosiddette porte della percezione, quello che i nativi americani chiamavano “cacciare la visione”.
Controindicazioni del digiuno
Tuttavia, provocare esperienze mistiche attraverso il digiuno stressa fortemente il fisico e suprattutto il sistema nervoso, che, reso sensibile e privato dello strato di coscienza grossolana comune, è esposto a tantissimi stimoli.
Non a caso la Bhagavad Gita ci dice espressamente che lo yoga non è per chi mangia troppo né per chi non mangia affatto. Infatti, mentre il corpo si indebolisce le forze vitali e nervose si eccitano di una quantità di energia spesso difficile da sopportare e coordinare per i non esperti senza la guida di un maestro.
Digiunare oggigiorno: sì o no
D’altro canto, è innegabile che la società moderna abbia perso la bussola della verità relativa all’alimentazione, che ormai è relegata a gesto compulsivo di ricerca di piacere e appagamento, talvolta un semplice collante sociale. Spessissimo inoltre, le quantità di cibo ingurgitate sono veramente sproprzionate se paragonate a quelle necessarie a mantenere il corpo in un buono stato per svolgere il suo lavoro e mantenere uno stato di coscienza aperto.
In questo caso, l’esperienza ci dice che il digiuno può essere positivo, anche solo per dimostrarci quanto schiavi si sia del Dio cibo e quanto facilmente perdiamo il controllo nel caso venga a mancare questo tipo di appagamento, segno di quanto lontani si sia da uno stato minimamente definibile come yogico.
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