Il governo israeliano finanzia i movimenti giovanili per il clima
Il ministero della Protezione ambientale israeliano ha stanziato 4,2 milioni di euro per supportare i movimenti giovanili nella lotta contro i cambiamenti climatici.
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Israele, il governo scommette sui giovani attivisti
Dopo anni di scioperi ogni venerdì, dopo memorabili interventi nei contesti internazionali più prestigiosi (dalla Cop26 al Parlamento europeo), dopo le loro richieste tanto precise quanto coraggiose ai potenti della Terra, è chiaro che i movimenti studenteschi per il clima sono qui per restare. E possono davvero fare la differenza, creando quella consapevolezza che è indispensabile per mettere in atto una transizione ecologica di cui tutti noi, come umanità, abbiamo un profondo bisogno.
Per questo motivo, la loro legittimazione istituzionale è un passaggio importante. A livello simbolico e non solo. Si è mosso in questa direzione il ministero della Protezione ambientale israeliano, stanziando 15 milioni di nuovi shekel (4,2 milioni di euro) per supportare i movimenti giovanili nella lotta contro i cambiamenti climatici.
Il programma, svolto in collaborazione con gli stessi movimenti e il ministero dell’Educazione, è stato presentato giovedì 7 dicembre 2021 e coinvolgerà migliaia di ragazzi. Si focalizzerà non solo sulla sensibilizzazione, ma anche e soprattutto sulle azioni concrete che possono arginare la crisi climatica in corso.
“Gli adolescenti stanno già subendo le conseguenze, e le pagheranno in futuro, per le mancanze delle generazioni precedenti”, ha dichiarato la ministra della Protezione ambientale israeliana, Tamar Zandberg. “I movimenti giovanili sono un fattore importante nella lotta contro la crisi climatica. I movimenti e le organizzazioni costituiscono un sistema che promuove questioni importanti per la società israeliana. Il ministero ritiene che sia molto importante collaborare con loro e presentare contenuti ambientali a migliaia di ragazzi in formazione”.
Ancora troppo poco clima nei programmi scolastici
La Cop26 di Glasgow ha dato l’ennesima conferma del fatto che il clima sarà il fulcro attorno al quale riconfigurare il nostro intero sistema economico. Dalla mobilità alle assicurazioni, dall’alimentazione all’energia, non c’è un solo settore che non dovrà cambiare profondamente per diventare coerente con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. E non si parla di un vago auspicio per un futuro, ma di una necessità già attuale e urgente.
Per questo, stupisce il fatto che l’abc dei cambiamenti climatici sia affrontato ancora in modo molto superficiale nei programmi scolastici. Stando a un’indagine condotta dalla Npr, un’associazione che riunisce 900 stazioni radio americane, più dell’80% dei genitori statunitensi è a favore dell’insegnamento dei cambiamenti climatici a scuola. Una posizione condivisa dall’86% degli insegnanti. Eppure, soltanto il 42% dei docenti affronta effettivamente l’argomento in classe.
Dall’altra parte dell’Oceano, anche i sindacati scolastici britannici chiedono a gran voce al governo di includere pienamente il tema nei programmi, di formare gli insegnanti e anche di dare il buon esempio in prima persona, decarbonizzando le strutture scolastiche e stabilendo precisi requisiti ecologici per le varie attività, in primis le trasferte.