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Allarme clima: 11.000 scienziati firmano l'appello

Un appello che è un "dovere morale", la comunità scientifica ci mette spalle al muro di fronte alle nostre responsabilità ma ci offre anche 6 vie di uscita per garatire la nostra sopravvivenza sulla Terra.

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©Yurii Hnidets / 123rf.com

Lo studio pubblicato su BioScience

Ci aspettano “sofferenze umane indicibili”. I toni sono perentori perché la comunità scientifica internazionale non ha più intenzione di rassicurarci, ma di pressarci all'azione. 

 

E' dei giorni scorsi un nuovo, importante, allarme lanciato da oltre 11.000 da 153 Paesi del mondo sull’emergenza climatica: un documento firmato anche da 250 scienziati italiani che, dopo aver raccolto dati sugli ultimi 40 anni di studi sul clima sono arrivati a una drastica conclusione. 

 

La catastrafe sarà ineluttabile a meno di un drastico cambio di rotta. Non ci è divergenza di vedute tra gli esperti, e la dimostrazione è stata pubblicata su BioScience, la rivista scientifica della Oxford University Press per conto dell’American Institute of Biologica Sciences. 

 

40 anni di analisi e annunci

Tutto iniziò a Ginevra nel 1979, in occasione della prima Conferenza mondiale su clima, già allora si parlava della necessità di agire. 

 

Seguirono altri "annunci" importanti a difesa del Pianeta: al summit di Rio De Janeiro del 1992, la firma del protocollo di Kyoto nel 1997, ma soprattutto gli accordi sul Clima di Parigi del 2015. 

 

Le radici del problema

Ciò su cui si vuole insistere è l'origine antropica di molti dei fattori di rischio per la tenuta dell'ecosistema: non soltanto temperature in aumento, è la premessa che gli studiosi vogliono sottolineare perché il pericolo da affrontare è ben più pervasivo. 

 

William J Ripple, Christopher Wolf, Thomas M Newsome, Phoebe Barnard, William R Moomaw sono gli autori di questo documento il cui scopo è assolvere a quello che loro stessi chiamano "obbligo morale", ossia mettere in guardia dalla catastrofe imminente.

 

La responsabilità umana della crisi climatica

L'aumento della popolazione mondiale richiede maggiori risorse a disposizione e la scelta di rispondere a questo bisogno attraverso l'allevamento intensivo di animali destinato a un massiccio consumo di carne pro capite non può essere la soluzione. A ciò si collega la perdita globale di copertura arborea, il ricorso ai combustibili fossili per la produzione di energia e l'aumento delle emissioni di gas serra come il biossido di carbonio (CO2), metano e protossido di azoto sono infatti le maggiori delle attività antropiche sotto accusa.  

 

Eppure, a fronte di 40 anni di negoziati sul clima, le società hanno continuato a condurre il loro "business as usual" che potrebbe rapidamente causare la distruzione di ecosistemi ed economie fino a rendere la Terra un luogo inabitabile.   

 

Sei indicatori per cambiare rotta

Politica, catena produttiva e cittadini possono collaborare su questi sei fronti propongono i firmatari dell'appello:

  • Energia: efficienza e conservazione, da qui deve passare ogni sforzo d'innovazione preferendo l'accesso a fonti rinnovabili. Una vera transizione energetica sarà possibile se i Paesi più influenti sapranno guidare e appoggiare le nazioni in via di sviluppo in questo percorso di riconversione per l'abbandono dei combustibili fossili;
  • Inquinamento: si potranno salvare milioni di vite soltanto se si contribuirà davvero a ridurre l'utilizzo di inquinanti al fine di migliorare la qualità dell'aria delle nostre città;
  • Ambiente e biodiversità: Fitoplancton, barriere coralline, foreste, savane, praterie, zone umide, torbiere, mangrovie ed erbe marine contribuiscono notevolmente all'assorbimento della CO2 atmosferica in quanto svolgono un ruolo significativo nel ciclo e nello stoccaggio del carbonio e dei nutrienti. Dobbiamo ridurre rapidamente la perdita di habitat e biodiversità proteggendo quel che resta delle nostre foreste;
  • Alimentazione: privilegiare una dieta a base vegetale riducendo il consumo di derivati animali ha il doppio scopo di favorire una condizione di salute degli esseri umani e ridurre le emissioni serra nell'atmosfera; 
  • Economia: l'estrazione intensiva di materiali al fine di favorire una crescita economica di pochi e lo sfruttamento degli ecosistemi non costituisce un modello di sviluppo sostenibile: abbiamo bisogno di ricorrere il meno possibile all'utilizzo del carbone valorizzando la tutela della biosfera nelle decisioni e nelle politiche economiche;
  • Popolazione: ogni anno sul pianeta ci sono 80 milioni di persone in più. Si dovrebbe garantire una stabilizzazione della popolazione al fine di migliorare la qualità della vita di tutti. L'accesso all'istruzione primaria e secondaria, in questo senso, diventerebbe priorità globale a guidare le società verso l'autodeterminazione di ciascun individuo.