Articolo

Cos’è il Raja Yoga?

Riportato in auge da Swami Vivekananda alla fine del 19simo secolo, il raja yoga è un'antica forma di yoga, piuttosto completa, a rappresentare il cammino evolutivo che ogni vita dovrebbe fare.

Cos’è il Raja Yoga?

A fianco dello hatha yoga, il raja yoga è la forma di yoga più praticata al di fuori dall’India e, più in generale, nel mondo. Il suo nome, traducibile con “yoga regale”, ci dice chiaramente che è il migliore tra gli yoga, quello di livello più alto.

Il termine è rinvenibile negli antichi Yoga Sutra di Patanjali, assieme ad altre tecniche di yoga, ma è con Swami Vivekananda, nel diciannovesimo secolo, che il raja yoga ha vissuto un revival e una riforma adatta a noi uomini e donne di questo secolo, divenendo un vero e proprio tipo di yoga differenziato dagli altri.

 

I metodi e gli scopi del Raja Yoga

Se lo hatha yoga si concentra sul corpo con asana e pranayama (posture fisse e controllo del respiro), il mantra yoga si focalizza appunto sui mantra (formule vibrazionali sacre), e il laya yoga (meglio conosciuto come kundalini yoga) sullo studio della fisiologia eterica e dei centri di energia, il raja yoga fa della meditazione, della concentrazione e della contemplazione i propri mezzi principali per il suo scopo peculiare.

Il controllo della mente e il raggiungimento del samadhi: beatitdine indisturbata, calma pacifica fatta di comunione col tutto e di riassorbimento della molteplicità nell’Uno. Storicamente, le scuole di raja yoga integrarono alcuni elementi degli altri yoga per creare una sintesi efficace: dallo hatha yoga vennero assorbiti il pranayama, in grado di potenziare la meditazione, e alcune asana, solo quelle chiamate regine e le cosiddette simboliche, in cui l’intero corpo funge da mudra, ovvero un sigillo sacro in grado di richiamare specifiche energie.

Dal mantra yoga furono presi specifici japa e sillabe sacre per accompagnare la concentrazione. Infine dal laya yoga la metodologia tantrica di risalita della kundalini attraverso sushumna, il canale energetico principale, con l’apertura dei chakra che abbia per scopo il raggiungimento del samadhi ed infine il mahasamadhi, l’abbandono cosciente del corpo.

 

Leggi anche Corso di yoga, come sceglierlo? >>

 

Swami Vivekananda e il Raja Yoga

Nel 1896 Swami Vivekananda pubblicò un libro chiamato Raja Yoga, considerato una pietra miliare dello yoga in generale. Si tratta di un nuovo approccio agli Yoga Sutra di Patanjali, grazie al quale l’Occidente ha potuto farsi un’idea di cosa davvero fosse lo yoga.

In esso si sottolinea l’importanza del sistema pranico del corpo, attraverso il quale si possono ragiungere degli stati di salute considerati soprannaturali; il samadhi in quanto scopo dello yoga e culmine del controllo del potere della mente; infine un metodo discriminativo intuitivo riferito alle scuole advaite, ovvero non dualistiche, che rimuova il velo illusorio dal mondo in favore della trascendenza assoluta.

 

Il Raja Yoga oggi

Oggi il raja yoga è praticato in molte nazioni. Parte da una base di hatha yoga con degli esercizi meditativi per il raffinamento delle energie e della mente. Si tratta di un lungo percorso fatto di autocontrollo, disciplina, autoesame, meditazione, pacificazione.

Sobrietà e aderenza alla verità, contenimento delle passioni e studio dei testi, controllo del respiro e distacco dai sensi, sono alcuni tra le metodologie più usate nelle scuole occidentali.

Un ulteriore elemento appartenente al raja yoga è il cosiddetto vairagya, traducibile con “disgusto”, che in realtà rappresenta uno stato di assenza di piacere e di attrazione per tutte le cose della vita, che cresce di pari passo ad uno sviluppo di mumukshtva, ovvero un costante anelito alla liberazione dall’ignoranza e un’ardente aspirazione ad avere esperienze spirituali.

Il raja yoga si pratica sotto la guida di un maestro ed in genere in gruppo, infatti non si tratta solo di conoscere delle tecniche, di postura fisica o meditative, si tratta anche di approfondire la filosofia a metà tra lo yoga e l’induismo, studiare la metodologia mistica che influenzò anche il tantra e il sufismo, attraverso testi ben precisi, fatti spesso di linguaggi metaforici.

Approfondire questi aspetti, conoscere la vita dei maestri e i loro detti, ricercare dentro di sé, praticare con costanza, disciplinare la propria vita, distaccarsi dalle apparenze e scoprire la coscienza eterna e testimone dentro di se’ ed infine identificarsi con essa per ottenere la liberazione, rappresentano i passi del cammino rajayogico.

 

Leggi anche Asana per principianti, i primi passi nello yoga >>