People vs Oil: la community di Greenpeace
Che ci piaccia o meno siamo al tramonto di un'era. Quale? Quella del petrolio e dei suoi derivati. Si tratta solo di collaborare a questo passaggio evolutivo o esserne vittime. Da che parte state?
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©FB People vs Oil
Cosa chiede People vs Oil
“Questa è un’emergenza climatica. Mettiamo fine all’era del petrolio”. Con questa frase-monito, Greenpeace introduce una community on-line che si sforza di promuovere una raccolta firme (al momento attorno alle 25.000) per chiedere ufficialmente ai leader mondiali di agire su specifici punti legati ai combustibili fossili:
• mettere al bando tutte le nuove infrastrutture di estrazione e raffinazione del petrolio;
• chiudere l’era dei veicoli basati su un carburante di origine fossile;
• guidare verso un cambiamento dei sistemi di mobilità, basati su energie rinnovabili e al servizio delle persone prima di tutto.
Tutti assieme per il cambiamento
Il discioglimento dei ghiacci, l’estinzione di numerose specie animali e vegetali, l’inarrestabile morte delle barriere coralline e gli incendi incontrollati sono solo alcuni esempi estremi di un’emergenza climatica alla quale noi umani stiamo drasticamente contribuendo coi nostri consumi di petrolio e derivati.
Nonostante queste terribili prove sotto gli occhi del mondo intero, le compagnie petrolifere sono libere di continuare il loro lavoro a pieni poteri e anzi, sono libere di continuare a investire in nuove trivellazioni ed estrazioni, in nome di uno sviluppo che ha imboccato un vicolo cieco evolutivo.
Greenpeace, una delle più longeve e solide organizzazioni non governative di sempre, crede che se milioni di persone si mettono assieme con delle idee chiare, nessun governo e nessuna multinazionale possano fermare tale movimento.
Precedenti storici
Esistono dei precedenti storici niente male al fenomeno People vs Oil.
Già nel 2012, un simile movimento chiamato Save the Artic, riuscì a mettere assieme circa 8 milioni di persone e a vincere una piccola ma significativa battaglia che ha dello storico, impedendo a delle multinazionali delle pesca di continuare a far man bassa della fauna ittica artica, e scacciando la compagnia petrolifera Shell fuori dallo Stato dell’Alaska.
Come detto però, per quanto preziosa, tale vittoria fu più che altro significativa perché salvare l’Artico non basta e le piu’ moderne ricerche in materia di inquinamento e surriscaldamento globale ci dicono che mantenendo gli attuali ritmi, nel 2030 passeremo una linea di non ritorno a livello climatico.
Per prevenire questo scenario apocalittico, è indispensabile ridurre all’essenziale il consumo di petrolio, ripensare il sistema dei trasporti e idearno uno basato su energie rinnovabili, ed infine fermare nuove trivellazioni.
Primi esempi positivi
Un gruppo di nazioni che include Nuova Zelanda, Francia e Belize, ha già messo al bando ogni nuova trivellazione a largo delle coste e molte ONG stanno sostenendo popoli indigeni nelle loro battaglie (spessissimo vinte) contro le multinazionali del petrolio.
Diversi governi stanno cercando di ideare città modello, con sistemi di mobilità ecocompatibile, e persino il gigante cinese - che attualmente è in una fase di sviluppo intensa e quindi responsabile di una gran fetta di inquinamento mondiale - si dimostra aperto (a parole) a ogni soluzione green per ridurre il consumo di petrolio e carbone quanto più possibile vicino allo zero.
Greenpeace, tramite People vs Oil, chiama tutti a raccolta, per sostenere la battaglia dei Paesi dell’Oceania nella protezione della vita marina contro le nuove trivellazioni, sostenere la lotta dei popoli dell’Amazonia per proteggere i coralli, e le altre battaglie contro l’istallazione di nuovi impianti petroliferi in tutto il mondo.