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La primavera gelida mette a rischio le colture

Il brusco abbassamento delle temperature in primavera mette a rischio i raccolti. Coldiretti lancia l'allarme, mettendo in guardia sugli effetti che il maltempo- giunto dopo un lungo periodo di alte temperature- ha sulle coltivazioni agricole.

Alberi da frutto, gelata in primavera

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© barmalini / 123rf.com

La primavera 2021 si rivela traditrice per le colture. Il brusco abbassamento delle temperature, anche di oltre dieci gradi con il ritorno del gelo, mette a rischio la produzione di ciliegi, albicocchi, peschi e mandorli, già risvegliatisi durante il lungo periodo di caldo che sembrava aver decretato la fine dell'inverno.

L'allarme lanciato da Coldiretti è chiaro: l'ondata di maltempo che si sta abbattendo sulla Penisola - con gelo artico e caduta di neve a bassa quota da nord a sud - compromette anche la produzione di ortaggi coltivati, con ricadute negative persino sulla floricoltura in serra.
 

L'analisi di Coldiretti

Un “clima pazzo” dagli “effetti disastrosi”, quello che si sta abbattendo sulle campagne dello Stivale, compromettendone i raccolti. L'analisi di Coldiretti, compiuta su dati Isac Cnr, non lascia scampo: lo sbalzo termico dovuto alla primavera polare “azzera in pochi attimi l’intero lavoro di un anno, con i fiori delle piante completamente bruciati dal gelo, che compromette le produzioni di frutta in maniera irreversibile”.

Il colpo di coda dell'inverno giunge dopo un mese di febbraio segnato da temperature superiori alla media del periodo (+2,2° circa), che hanno favorito il risveglio della vegetazione sopita durante la stagione fredda.

Le piante durante il riposo invernale sono in grado di sopportare temperature inferiori allo zero, anche di decine di gradi” si legge nella nota diffusa da Coldiretti. “Tuttavia, diventano particolarmente sensibili, una volta risvegliate, in fase di fioritura o dopo aver emesso le nuove foglioline”.
 

Danni ad alberi e colture

Il grande freddo, con bufere di vento e neve anche a bassa quota, diventa quindi una grave minaccia per le coltivazioni e i germogli appena spuntati. A essere compromessa, la produzione di fragole, di ciliegie, albicocchepesche e mandorle, ma anche la salute di meli e peri già fioriti o in fiore. Subiscono l'impatto dello shock termico, inoltre, gli ortaggi coltivati come lattughe, asparagicarciofi, bietole, cavoli, spinaci, fave e piselli. Riemersi dal riposo invernale e, pertanto, più sensibili al gelo, anche la vite e l’ulivo. 

A rischio le coltivazioni più precoci di mais, che potrebbero dover essere riseminate” precisa Coldiretti, “ma anche cespugli e piante ornamentali nei vivai, dove le gelate possono pregiudicare l’armonia e la simmetria delle chiome ottenute con anni di sapienti potature”. La federazione non dimentica di avvertire sull'impatto che lo sbalzo possiede sull’aumento dei costi di riscaldamento delle produzioni in serra di ortaggi e di fiori.
 

Le responsabilità del surriscaldamento globale

Lo sfasamento stagionale, così come il verificarsi di bruschi sbalzi di temperatura ed eventi meteorologici estremi ben si collocano all'interno di un quadro climatico fortemente dissestato dal surriscaldamento globale.

A questo proposito, il monito di Coldiretti fa eco ai ripetuti avvertimenti lanciati - negli anni - dalla comunità scientifica. Come denunciava la stessa organizzazione in occasione della presentazione del report dell'IPCC (Comitato scientifico dell’Onu sul clima) “Cambiamento climatico e territorio” (2019), i cambiamenti climatici hanno causato danni per 14 miliardi all’agricoltura italiana nell’ultimo decennio.  

Secondo il panel intergovernativo, il riscaldamento globale sta compromettendo la produzione agricola e la sicurezza delle forniture alimentari. Un fenomeno che - ci tiene a precisare Coldiretti - riguarda direttamente il Belpaese. Qui, infatti, un quinto del territorio nazionale è in pericolo di abbandono proprio per le conseguenze dovute ai mutamenti climatici, ma anche per via della mancata valorizzazione dell’attività agricola nelle aree più difficili e del progressivo consumo di suolo che, causando il fenomeno dell’impermeabilizzazione, aumenta il rischio di inondazioni. 

Un circolo vizioso, che genera danni produttivi e ambientali impossibili da arginare con la sola gestione delle emergenze.