Cucina Shojin, la purezza del cibo in Giappone
Forse la cucina giapponese Shojin è proprio agli antipodi rispetto alla cucina mediterranea italiana, ma di certo in comune c'è l'amore per ingredienti freschi, di stagione e sani: ecco come la purezza del cibo in Giappone si traduce nel piatto in delicate preparazioni vegane e vegetariane.
La purezza del Giappone nel piatto
Non si può non rimanere affascinati dal mistero, dalla bellezza, dall’incontro con la cultura giapponese. C’è chi dice che è incomprensibile, strana ed eccentrica; viceversa c’è chi ne ama l’essenzialità e l’amore per la cura delle piccole cose.
Dopo bonsai, kusamono, ikebana e kokedama, ecco la Shojin Ryori, anche nota come "cucina della devozione", la cucina buddista e vegetariana del Giappone.
In realtà Shojin significa "vigore o energia" e Ryori vuol dire "cucina". Nell’insieme si fa riferimento a quel tipo di cucina nata all’interno dei templi giapponesi del VI secolo e che divenne popolare con l’introduzione del Buddismo Zen nel XIII secolo.
La cucina spirituale dei monasteri Zen
Nella cucina Shojin non entrano in gioco solo la bravura e l’abilità di preparare buone pietanze, ma anche l’aspetto spirituale: si tratta di una vera e propria pratica e arte del cucinare che include anche la delicata preparazione degli ingredienti.
Chi cucina - e nei monasteri questo compito spettava alla figura del Tenzo, il monaco-cuoco - deve essere consapevole dell’intero processo del preparare i cibi, dalla loro raccolta fino alla presentazione nel piatto, e goderne appieno con amore, come poi faranno i commensali.
I monaci Zen, a cui da sempre è caro il discorso di salute e rispetto, un tempo, e forse anche ora, hanno imparato ad essere sia consapevoli che grati nei confronti dell’intero processo di nutrimento.
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I punti base della cucina Shojin
I punti fondamentali di questo tipo di cucina sono l’essere vegetariana, o meglio vegana; il minimizzare il consumo degli ingredienti - spesso bucce e scarti vengono usati per fare il brodo -; esaltare e fare emergere il sentore naturale e puro di ogni ingrediente.
Questo tipo di cucina usa infatti ingredienti di stagione e freschi, i più adatti a nutrire meglio il corpo. Si tratta spesso di vegetali puri, senza additivi chimici o coloranti o insaporitori artificiali.
Non si usano nemmeno spezie, aglio o cipolla, perché coprirebbero i sapori degli altri cibi.
Si evitano anche gli usi di uova e di prodotti caseari, per cui si tratta di un tipo di cucina potenzialmente adatta anche a chi segue una dieta vegana.
Si usano invece tofu e altri derivati della soia.
Le ricette sono molto semplici e possono essere preparate da chiunque. Non ci sono inoltre particolari regole o sequenze da seguire nel mangiare o servire i vari piatti.
Oltre all’aspetto pratico, come accennato vi è anche un aspetto più profondo e spirituale, quello della consapevolezza e del godimento nella preparazione dei piatti, che arriva sin qua dalla pratica stessa della filosofia Zen e Buddista.
Chi si avvicina al cibo deve farlo con grande amore, rispetto e devozione. E lo si deve fare anche quando ci si allontana e si ha finito di mangiare, pulendo e rimettendo a posto tutta la cucina con la stessa passione e attenzione dedicata alla realizzazione del piatto.
Shojin Ryori: tra libri, video, film ed eventi culinari
Libri di riferimento per ricette: "Shojin Ryori: A Japanese Vegetarian Cookbook" di Danny Chu; "Grandma's Shojin Ryori" di iori Akemi&Satsuki, dove vengono presentate anche rivisitazioni più soft, quindi ricette che includono anche latte e formaggi.
Ed ecco un video interessantissimo che illustra l'interpretazione che ne danno i ristoranti giapponesi Shojin Ryori attraverso i loro chef.
E, sorpresa, anche in Italia, benché non sia facile, si può partecipare a serate dedicate a questo tipo di cucina, come nel caso diquesto evento di Social Eating promosso da Tavola Calma, dal sito di Umesapiens.it.
Film da non perdere:
> “Le ricette della signora Toku”, non parla di monasteri Zen, ma fa capire dove va a finire tutto l'amore per la preparazione dei cibi.
> Da immersione profonda: "Primavera, estate, autunno, inverno... E ancora primavera" dell' imprescindibile Kim Ki-duk.
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