Mood Food: cibo per ogni umore
Quanto quel che mangiamo in qualche modo entra in relazione con ciò che proviamo? Qual è la relazione tra l’assimilazione di un sentimento e la digestione di un pasto? Dal bolo alimentare accolto in un tripudio di ondate emotive al movimento del cuore che influenza l’intestino, vediamo la relazione tra il cibo e l’umore
Credit foto
©Jaroslaw Pawlak / 123rf.com
In inglese è facile, prendi due paroline con due “o” centrali e una stessa “d” finale, la prima lettera invece, varia. Mood se vuoi parlare di umore, food se vuoi parlare di cibo.
Pare che, di fatto, in entrambi i casi si stia trattando di qualcosa che ricade nella stessa identica sfera. Le emozioni ci nutrono come anche il cibo. E vale anche l'opposto: un cibo ci nuoce quanto un'emozione mal gestita. E che accade se a un cibo associamo un successivo umore, sia essa positivo o negativo?
Mood food: come ci fa sentire il cibo
L’European Food Information Council (EUFIC) da anni riporta la questione da un punto di vista “economico”, non tanto in senso di impatto ambientale delle scelte alimentari, quanto di economia nella gestione delle conseguenze potenzialmente negative che un cibo può avere sul nostro umore.
Lo studio si concentra inoltre su come andare a massimizzare quello che invece può essere l’impatto positivo di un determinato alimento sul nostro organismo, e per organismo si intende l’unione olistica di corpo e mente. Di fatto, ci sono cibi che possono farci sentire bene e altri che possono acuire un certo senso di colpa. Dipende molto dalla nostra storia personale, anche se ci sono variabili che accomunano certi target.
La faccenda varia ovviamente anche molto rispetto all’aerea geografica e al contesto collettivo; un esempio pratico: prendiamo il dessert a fine pasto o la colazione molto molto ricca di sostanze eccitanti e zuccheri raffinati. In molte culture del sud Italia il dolce a fine pasto è un’opportunità di ulteriore unione e nessuno potrebbe negare che la brioche con il gelato è occasione di incontro, chiacchiera, coccole, scambio di vitalità. L’abitudine di un tè o di una colazione salata con frutta è più nordica.
Ovviamente le generalizzazioni non contano rispetto alla coscienza individuale e alla voglia di familiarizzare con i principi nutritivi di base. Ovvero, se una persona nata in una regione dove si fa largo consumo di dolciumi e gelati ha compreso quanto lo zucchero raffinato influisca sull'umore, se lo ha compreso davvero, facendone esperienza personale, questa persona può abbandonare l’abitudine in forza di un’autoguarigione che si attiva e migliora giorno dopo giorno.
L’alimento mangiato al momento giusto, con le persone con cui si vuole passare del tempo in quel preciso momento è qualcosa che ci fa stare bene, ma dipende anche molto dallo stato di salute del singolo (ad esempio, un diabetico potrebbe godere sul momento della situazione, ma poi accusarne gli effetti sul medio-lungo periodo).
Food cravings: voglie e attacco di fame
Molti studi in tema alimentare coniugato all’aspetto psicologico si stanno concentrando su tipologie specifiche dei disordini alimentari, indicata in letteratura come food cravings, le voglie che esplodono improvvisamente e con una certa ferocia, specie per i cibi che creano dipendenza. L’attacco di fame di quel determinato alimento, la spinta a comprarlo per averne una scorta.
Se vi capita di avere questo tipo di reazioni con alimenti specifici quali i carboidrati, vi consigliamo una pubblicazione di Mianti Singh del 2014 intitolata Food, Mood and Obesity che cita anche dati interessanti tratti da Reid M. & Hammersley R., The effects of carbohydrates on arousal. Nutrition Research Reviews 12; 3 -23.
In sintesi, quel che queste ricerche evidenziano ci riporta a quanto tutto dipenda davvero dal singolo: per esempio, il numero di ricerche che dimostrano che l’assunzione di carboidrati determina sensazioni di rilassatezza e sonnolenza è uguale a quello degli studi che non trovano alcuna prova di tale influenza.
Allo stesso modo, la sensibilità alla caffeina sembra variare da individuo a individuo. Alcune persone possono bere nell’arco di poche ore diverse bevande contenenti caffeina e non avere alcun effetto, mentre altre risentono subito dell’effetto eccitante.
Ecco 5 cibi per ritrovare il buonumore
Mood food: cosa c'è dietro le voglie?
È indubbio però che, a prescindere dalla sensibilità del singolo, gli organi interni prediligono alimenti che tendono a mantenere il corpo in uno stato opposto a quello dell’acidosi.
Molti testi come The China Study, per citare il più famoso al momento, vanno proprio a indagare l’effetto a circolo vizioso di alcuni alimenti rispetto all’equilibrio insulinico e alla stabilità di valori come quello dell’omocisteina.
Vi è poi un'altro versante di studi sulle carenze nutrizionali e su ciò che davvero sta dietro alla ricerca di un determinato alimento che crea dipendenza e fa scattare un certo umore.
Andiamo con qualche esempio concreto: se avete voglia di caffè potrebbe esserci dietro un bisogno di ferro (che comunque il caffé non supplisce).
Ancora: la voglia di cibi fritti significa necessità di grassi e sarebbe dunque meglio orientarsi verso quelli "buoni".
Dietro la voglia di cioccolato può nascondersi una voglia di carboidrati sostituibile con avena, couscous, hummus uniti a fibre vegetali.
La voglia di patatine è un tentativo del corpo di cercare vitamina B o il segnale di un bisogno di idratazione: ovvio che, il sale contenuto nei prodotti industriali non fa che portare il corpo a ulteriore disidratazione.
Mood food: le conseguenze sulla salute
Oltre a questi dati, ci sono statistiche che confermano l’incidenza di malattie cardiovascolari in presenza di un consumo massiccio e costante di certi alimenti intossicanti.
Il picco glicemico, di fatto, riguardada vicino l'umore e molte depressioni sono proprio legate a questo. Rispetto al rapporto tra cibo e umore possiamo anche chiederci: quanto ci fa male qualcosa come il rimorso che proviamo mangiando alimenti che sappiamo non dovremmo perché ci è stato detto o perché lo sentiamo intimamente? Già questa differenza è importante.
L’uomo è davvero suggestionabile e se un tipo psicologico e costituzionale che necessita proteine viene convinto o, meglio, si fa convincere del contrario, a lungo andare si verifica una disfunzione nel sistema.
Il Dr. Peter Rogers, uno psicologo sperimentalista della University of Bristol, spiega: "La cosa più importante è liberarsi da ogni senso di colpa relativo al mangiare. Per fare ciò le persone devono risolvere il loro rapporto con il cibo e sviluppare comportamenti alimentari sani e realistici. Per fare questo è necessario imparare a gestire i livelli di assunzione dei propri cibi preferiti per massimizzare il piacere."
E, aggiungiamo, per individuare la ragione nascosta che potrebbe stare dietro a quel bisogno, in modo da stanare eventuali carenze nutrizionali che il corpo sta cercando di segnalare.