Jainismo
Il jainismo è una religione nata in India nello stesso periodo storico in cui nacque il Buddhismo. Conta anche oggi moltissimi seguaci e il principio più importante di questo credo è la non violenza, come illustrato nei simboli della mano aperta e la ruota del dharma e della svastika.
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Una mano aperta con una ruota del dharma e una svastika sono i simboli di una delle religioni più antiche del mondo, sebbene ancora largamente praticata.
I suoi seguaci, che conducono una vita sobria, umile e semplice, mirano alla conoscenza innata nell’anima e alla liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. Scopriamo qualcosa di più sul jainismo.
Un antico "prodotto" dell’India
Molto spesso, in modo troppo semplicistico, colleghiamo l’India all’induismo, ma in realtà questa nazione, considerata spesso come il “guru” di tutte le nazioni, ha dato vita a un sterminata varietà di ricerche spirituali. Alcune di esse sono rimaste correnti dell’induismo mentre altre sono riuscite a raggiungere il rango di religioni vere e proprie.
Una di queste religioni nate in India è il jainismo o gianismo, fondata tra l’ottavo e il settimo secolo prima di Cristo, più o meno durante la fondazione di Roma e la redazione della Bibbia ebraica.
Mahavira
La spina dorsale del jainismo ruota attorno alal dottrine dei ventiquattro tirthankaras o maestri spirituali e salvatori del dharma, tra i quali spicca l’ultimo in ordine cronologico, ovvero Mahavira, contemporaneo di Buddha.
Mahavira lasciò tutto all’età di trent’anni per dedicarsi alla ricerca della
verità spirituale, meditando per dodici anni consecuitivi prima di raggiungere quella che nel jainismo è chiamata “onniscenza”, ovvero lo stato di saggezza diretta implicito nell’anima risvegliata.
Dopo l’ottenimento di tale illuminazione, Mahavira predicò il jainismo per tre decadi prima di ottenere il moksha o liberazione, lasciando così il nostro mondo.
I principi del jainismo
I principi fondamentali del jainismo sono anzitutto la non-violenza (aimsha), talmente importante da essere divenuta graficamente il simbolo stesso della religione (il palmo di una mano recante la ruota del dharma).
Questo precetto può spingere i praticanti a indossare maschere davanti alla bocca ed al naso per evitare loro di compromettere l’esistenza di insetti e altre minute forme di vita.
Segue un principio filosofico chiamato anekantavada, ovvero la consapevolezza che la verità si esprime in una complessa moltitudine di aspetti, talvolta contraddittori, e non è mai univoca. Questo principio evita il dogma.
La dottrina del jainismo
Seguono altri precetti di natura caratteriale, come il non attaccamento e la non ricerca del piacere, assieme all’aderenza alla verità (non mentire) e al divieto di rubare. Notiamo in molti di questi aspetti caratteristiche comuni ad alcune correnti cristiane antiche come quella dei catari.
Secondo la dottrina jainista, definibile transteistica, ovvero né teistica né atea, l’universo materiale si compone di sei elementi di base, che creano una struttura per i principi dell’esistenza nella quale le anime si reincarnano sperimentando gli effetti del buono e del cattivo karma all’interno del samsara, fino all’ottenimento di una liberazione-salvazione tramite tre principi: una corretta percezione che conduce ad una corretta conoscenza che a sua volta genera un corretto agire.
Come il buddhismo, del quale è contemporaneo, il jainismo si distacca dall’induismo vedico basato sulle caste, prendendo distanza da ogni genere di distinzione tra gli esseri umani, che sia sociale, di genere, religiosa o etnica.
Persino i membri della stessa famiglia, quando impegnati nelle pratiche religiose, si chiamano tra loro fratelli e sorelle, anche esistessero gradi di parentela diversi.