Acquacoltura, cos'è
L’acquacoltura, cioè l’allevamento di pesci, molluschi, crostacei e alghe, ha volumi di produzione in forte crescita, ormai quasi equivalenti a quelli della pesca. Presenta però dei pro e dei contro, soprattutto in termini ambientali.
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- Acquacoltura, origini
- Cosa si intende con il termine "acquacoltura"
- Acquacoltura, come funziona
- Acquacoltura in Italia
- Acquacoltura e produzione ittica
- Acquacoltura e alghe
- Svantaggi dell'acquacoltura
- Lati positivi dell'acquacoltura
Acquacoltura, origini
L’acquacoltura è una pratica antichissima: già in una tomba egizia del 2.500 avanti Cristo è chiaramente visibile in un bassorilievo un uomo che raccoglie pesci da uno stagno. Più o meno nello stesso periodo in Cina si inizia a praticare la carpicoltura. In epoca romana nelle lagune italiane si allevavano molluschi, soprattutto ostriche.
In Europa, la data di nascita della piscicoltura moderna viene di solito identificata nel 1741, anno in cui il tedesco Stephen Ludwig Jacobi eseguì la prima fecondazione artificiale di uova di ruscello. Tecnica che venne adottata un secolo dopo in Europa e negli Stati Uniti, per ripopolare i corsi d’acqua che erano stati depauperati dalla rivoluzione industriale. Si dovette comunque aspettare la metà del Novecento perché l’acquacoltura raggiungesse performance interessanti, diventando un valido supporto alla produzione alimentare.
Cosa si intende con il termine "acquacoltura"
Volendo dare la definizione da vocabolario di acquacoltura (o acquicoltura), possiamo dire che è la produzione di organismi acquatici (soprattutto pesci, crostacei e molluschi) in ambienti confinati e controllati dall'uomo. Può essere dunque paragonata all’allevamento degli animali e si contrappone alla pesca, in cui l’uomo preleva i pesci (o altri organismi acquatici) dall’ambiente naturale in cui vivono.
Acquacoltura, come funziona
L'acquacoltura può essere praticata in qualsiasi bacino o corso d’acqua, dolce o salata, naturale o artificiale. Si suddivide in due macro categorie:
- Acquacoltura estensiva: l’uomo si limita alla “semina” degli esemplari giovani e al controllo sui flussi d’acqua, operando su valli e lagune costiere (si parla quindi di vallicoltura) oppure su laghi e stagni di acqua dolce o salmastra (stagnicoltura). I pesci così allevati sono praticamente impossibili da distinguere da quelli pescati.
- Acquacoltura intensiva: l’uomo somministra ai pesci mangimi naturali o formulati, al fine di farli crescere a un ritmo più veloce. La densità dell’allevamento dunque è superiore a quella che potrebbe raggiungere spontaneamente, senza interventi esterni. A sua volta, l’acquacoltura intensiva può essere marina (quando i pesci sono allevati in gabbie ancorate sul fondale o tenute in superficie da un telaio galleggiante), di specie marine su terraferma (all’interno di vasche o bacini riempiti di acqua di mare) oppure in acqua dolce su terraferma.
A seconda della specie allevata, l’acquacoltura si suddivide in piscicoltura o itticoltura (pesci, in Italia soprattutto trote, orate e spigole), molluschicoltura (vongole, cozze o ostriche), crostaceicoltura (crostacei, in Italia soprattutto mazzancolle) e alghicoltura (alghe).
Acquacoltura in Italia
In Italia l’acquacoltura è un settore fiorente, con circa 800 impianti con una produzione complessiva di 140mila tonnellate l’anno, cioè il 40% della produzione ittica nazionale e il 30% della domanda di prodotti ittici freschi. Nel comparto lavorano circa 7.500 persone.
Cercando quali pesci sono allevati con l'acquacoltura in Italia, si scopre che le specie sono una trentina ma cinque di esse coprono il 97% della produzione nazionale: trota, spigola, orata, mitili e vongole veraci. Il settore risulta molto concentrato anche a livello geografico, perché il 50% della produzione arriva da sole due regioni, Veneto (principalmente tra il delta del Po e il lago di Garda, in località come Peschiera) ed Emilia-Romagna (sempre nel delta del Po).
Acquacoltura e produzione ittica
Anche a livello globale, l’acquacoltura rappresenta una parte importante della produzione ittica, arrivando quasi a pareggiare il peso della pesca. Stando ai dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), infatti, nel 2020 sono stati catturati 90 milioni di tonnellate di pesce e ne sono stati allevati 87,5 milioni di tonnellate.
Il totale, pari a 177,8 milioni di tonnellate, segna un aumento considerevole rispetto ai 110 milioni di tonnellate degli anni Novanta. Il merito di questa crescita è prevalentemente dell’acquacoltura: quest’ultima infatti negli anni Novanta si fermava ad appena 21,8 milioni di tonnellate, meno di un quarto rispetto a ora, mentre la pesca si è mantenuta piuttosto stabile, visto che all’epoca ammontava a 88,9 milioni di tonnellate.
Acquacoltura e alghe
Le alghe rappresentano una risorsa dalle notevoli potenzialità, in ambito non solo alimentare ma anche farmaceutico, cosmetico e industriale, per la produzione (tra le altre cose) di mangimi, additivi e biocarburanti. Tra il 2000 e il 2018 la produzione globale di alghe è triplicata, passando da 10,6 a 32,4 milioni di tonnellate e spostandosi sempre più dal sudest asiatico ad altre parti del mondo, tra cui l’Europa.
Nel nostro piccolo, anche noi possiamo coltivare una piccola alga domestica: si tratta dell’alga marimo, molto buffa e decorativa con la sua forma a pallina e il suo colore verde brillante. In Oriente viene considerata all’incirca come un pesce rosso.
Svantaggi dell'acquacoltura
Fermo restando che molto dipende da come e dove viene praticata, l’acquacoltura viene limitata per alcune criticità di carattere ambientale e sanitario:
- Per via delle alte densità di pesci, si crea un eccesso di azoto, fosforo e zolfo nelle acque. Queste sostanze organiche fanno proliferare alghe e microalghe che, a loro volta, vanno a consumare l’ossigeno disciolto nell’acqua. Questo fenomeno, dannoso per l’ecosistema, prende il nome di eutrofizzazione.
- L’allevamento di specie marine sulla terraferma, a lungo andare, modifica l’habitat per via delle elevate concentrazioni di sale.
- È fisiologico che vengano sprecate grandi quantità di mangime: nelle gabbie in mare si parla addirittura del 70%, perché viene trascinato via dalla corrente.
- In alcune zone del mondo, come il sudest Asiatico, l’Africa e l’America latina, l’acquacoltura spesso viene praticata senza riguardo per le normative ambientali e sul lavoro.
- Anche i pesci sono creature senzienti, capaci di provare stress e dolore quando vengono mantenute in condizioni inadatte alla loro natura; nonostante ciò, si fa poco o nulla per il loro benessere.
Lati positivi dell'acquacoltura
L’acquacoltura può avere il ruolo di pilastro della sicurezza alimentare, rappresentando una valida alternativa alla pesca illegale ed eccessiva che sta depauperando le risorse ittiche a livelli preoccupanti. Ad oggi infatti il pesce rappresenta il 17% dell’apporto di proteine animali consumate nel mondo, una quota che scende al 6,7% se si considerano tutte le proteine, anche quelle vegetali.
Questa però è una media che non tiene conto delle grandi differenze tra un territorio e l’altro. Per 3,1 miliardi di persone il pesce fornisce il 20% dell’apporto proteico quotidiano, salendo fino al 70% per alcune comunità costiere.
L’acquacoltura però può essere una risorsa solo se viene praticata in modo sostenibile, senza forzare eccessivamente i ritmi e garantendo così il benessere degli animali e l’equilibrio dell’habitat in cui si inserisce.