Buco nell'ozono, cos'è?
La storia del buco nell’ozono ci dimostra che le battaglie ambientali si possono vincere. Basta essere tutti dalla stessa parte.
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©NASA / Wikimedia Commons
- Buco dell'ozono, cos'è
- Cosa ha causato il buco dell'ozono
- Il parere degli scienziati e la politica in ascolto
- Il buco dell'ozono oggi
- Una soluzione analoga per la CO2?
- La giornata mondiale per la protezione della fascia d'ozono
Buco dell'ozono, cos'è
L’ozono è una molecola composta da tre atomi di ossigeno (la sua nomenclatura chimica infatti è O3), molto presente nel nostro Pianeta e nel nostro stesso organismo. Questo gas si concentra per la stragrande maggioranza nell'ozonosfera, cioè nella parte bassa della stratosfera, fra i 15 e i 35 chilometri di altitudine.
L’ozonosfera ha un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra, perché assorbe il 100% dei raggi UVC e oltre il 90% dei raggi UVB emanati dal sole, lasciando passare soltanto i raggi UVA. È sempre successo che questo strato di ozono subisse delle variazioni, ma queste erano lente e graduali e quindi davano agli ecosistemi il tempo di adattarsi.
A metà degli anni Ottanta si scopre invece che in corrispondenza delle regioni polari, soprattutto dell’Antartide, questo strato di ozono si è assottigliato in modo molto intenso e importante. Un fenomeno che si ripete ogni anno, in particolare attorno al mese di ottobre, e che non ha nulla di paragonabile con le naturali variazioni dell’ozonosfera.
Cosa ha causato il buco dell'ozono
Le analisi degli scienziati ben presto rivelano che questo fenomeno è una responsabilità dell’uomo. Le sostanze chimiche che erodono l’ozono sono i clorofluorocarburi (CFC), gas che fin dagli anni Trenta del Novecento sono stati impiegati in numerosi processi industriali, per esempio come liquidi refrigeranti per frigoriferi e condizionatori, come propellenti nelle bombolette spray e negli estintori, come solventi e isolanti termici.
Inizialmente si credeva che i CFC fossero inerti. Questo è vero, ma soltanto finché restano nella troposfera, cioè la parte bassa dell’atmosfera. Alcuni di essi però vivono talmente a lungo da migrare verso quote più alte, dove la radiazione solare è molto più intensa e li dissocia, liberando molecole reattive che distruggono l’ozono.
Il parere degli scienziati e la politica in ascolto
L'allarme lanciato trent'anni fa sul buco dell'ozono è stato ascoltato dalle istituzioni nazionali e sovranazionali. Come risultato, nel 1985 è stata firmata la Convenzione di Vienna per la protezione della salute umana e dell’ambiente dagli effetti nocivi dovuti all'impoverimento dello strato di ozono.
Nel 1987 è stato il turno del Protocollo di Montréal, con cui 197 Paesi (Italia compresa) si sono impegnati a ridurre drasticamente l’uso di sostanze nocive per l’ozono, a partire dai CFC. Dal 1986 al 2016, la loro produzione e il loro consumo si sono ridotti di oltre il 98%.
Tre anni dopo è stato istituito a Londra il Fondo Multilaterale Ozono, volto a fornire ai Paesi in via di sviluppo le risorse finanziarie necessarie per intraprendere questo percorso. Tra il 1991 e fine 2018, il Fondo ha finanziato 8.195 progetti e attività per un importo totale di circa 3,45 miliardi di dollari.
Il Protocollo di Montréal è stato aggiornato più volte. L’ultima modifica in ordine di tempo prende il nome di emendamento di Kigali e disciplina anche i fluorocarburi parzialmente alogenati, usati per sostituire i clorofluorocarburi, ma molto impattanti in termini di effetto serra.
Il buco dell'ozono oggi
La storia del buco nell’ozono ci insegna che, quando si prende un impegno serio, vincolante e tempestivo a livello internazionale, anche i risultati più ambiziosi diventano raggiungibili.
Dopo diverse anticipazioni diramate negli ultimi anni, infatti, all’inizio del 2023 le Nazioni Unite hanno diramato la notizia che in tanti aspettavano. Il buco nell’ozono si è chiuso. O meglio, per essere più precisi, entro il 2045 lo strato di ozono sopra l’Antartide si sarà completamente riformato, tornando ai livelli che aveva prima degli anni Ottanta. A dare la conferma è il report Scientific assessment of ozone depletion 2022.
Una soluzione analoga per la CO2?
Buco dell'ozono ed effetto serra sono due problemi diversi, con cause e conseguenze diverse. Anche l’effetto serra è un fenomeno di per sé naturale che è stato amplificato dalle attività umane a tal punto da far salire la temperatura media globale, innescando il cambiamento climatico.
In tal caso, però, i responsabili non sono i CFC bensì i gas serra (anidride carbonica, metano, vapore acqueo, protossido di azoto, esafluoruro di zolfo e alocarburi) che l’uomo riversa in atmosfera con le sue attività, prima fra tutte la combustione delle fonti fossili.
La scienza sa con certezza cosa bisogna fare per fermare l’emergenza climatica: decarbonizzare la nostra economia, cioè svincolarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili e generare energia solo dalle fonti rinnovabili. Esistono già tabelle di marcia precise, dettagliate e scientificamente fondate che spiegano come raggiungere questo obiettivo prima che sia troppo tardi.
Finora, però, la risposta da parte dei poteri politici ed economici non è stata altrettanto univoca e decisa. L’Accordo di Parigi sul clima può essere paragonato solo in parte al Protocollo di Montréal, perché si limita a stabilire i princìpi fondamentali del contrasto alla crisi climatica – un po’ come una Costituzione – ma non prevede sanzioni per chi non lo rispetta.
Così, nei sette anni trascorsi dalla sua firma, le 60 più grandi banche mondiali hanno finanziato l’industria dei combustibili fossili con 5.500 miliardi di dollari. E non si tratta soltanto del mantenimento degli impianti esistenti, ma addirittura delle trivellazioni per scavare nuovi giacimenti, come il gigantesco progetto Willow approvato da Joe Biden in Alaska.
La Giornata mondiale per la protezione della fascia d'ozono
Proprio per ricordare l’importanza dell’ozonosfera e celebrare gli sforzi internazionali fatti per tutelarla, nel 1994 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata mondiale per la protezione della fascia di ozono che cade il 16 settembre di ogni anno (la stessa data della firma del Protocollo di Montréal).
Questa ricorrenza “mostra che le decisioni e le azioni collettive, guidate dalla scienza, sono le uniche vie per risolvere le grandi crisi globali”, si legge nel comunicato di presentazione della 35ma edizione, del 2022.