AIDS: cos’è, come si trasmette l'HIV, i sintomi

Facciamo chiarezza sull'AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita: come si manifesta, come avviene il contagio da HIV e come evitarlo.

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©Anna Shvets/Pexels

 

Cos’è l’AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita

L’AIDS è la sindrome da immunodeficienza acquisita, una patologia che compromette il funzionamento del sistema immunitario ed espone così l’organismo alle infezioni, con conseguenze anche gravi. 

 

È una malattia relativamente recente, perché le prime testimonianze risalgono agli anni Cinquanta in Africa; è intorno agli anni Ottanta che si scatena in tutto il mondo un’epidemia che provoca gravi ripercussioni sociali, considerato che il contagio avviene per via sessuale (riscontrato dapprima nella comunità gay, ma non solo), attraverso il sangue infetto (e dunque con lo scambio di siringhe tra persone tossicodipendenti) e da madre a figlio.

 

Il virus che provoca l’AIDS si chiama HIV (virus dell’immunodeficienza umana); si dice che una persona è sieropositiva quando nel suo sangue si riscontra la presenza di anticorpi anti-HIV, ma non ha ancora manifestato le infezioni conseguenti all’AIDS. 

 

Il test dell’HIV è un semplice prelievo di sangue ed è consigliato per chi vive situazioni a rischio, sta pianificando una gravidanza, ha altre malattie sessualmente trasmissibili oppure è in una relazione stabile e sta valutando di abbandonare l’uso del profilattico.

 

Come avviene il contagio da HIV

L’HIV si trasmette attraverso lo scambio di liquidi biologici: sangue, sperma e liquido pre-eiaculatorio, secrezioni vaginali e latte materno.

 

Da un lato dunque c’è la trasmissione per via ematica, che può avvenire attraverso:

  • il contatto diretto con gravi ferite
  • schizzi di sangue su membrane o mucose; 
  • scambio di siringhe (capita per esempio alle persone tossicodipendenti); 
  • punture accidentali con aghi usati, forbicine, rasoi;
  • in linea teorica, anche con le trasfusioni di sangue o i trapianti, ma oggi i controlli sono talmente rigorosi che è impossibile che già accada.

 

La modalità più frequente di trasmissione è quella per via sessuale, cioè con rapporti vaginali, anali e orali con persone sieropositive, soprattutto in presenza di infiammazioni, lesioni e piccole ferite. L’unico metodo contraccettivo efficace anche contro le infezioni sessualmente trasmissibili è il preservativo, maschile o femminile. 

 

Infine c’è il contagio tra madre sieropositiva e figlio, che può avvenire durante la gravidanza, al momento del parto o con l’allattamento al seno. Esistono appositi farmaci antivirali che possono essere somministrati prima alla madre e poi al neonato per abbattere questo rischio.

 

Come non si trasmette l’HIV

Nonostante gli enormi progressi fatti dalla medicina in questi ultimi decenni, lo stigma sulle persone sieropositive è ancora forte. È fondamentale quindi ricordare che non c’è alcuna possibilità di contrarre l’HIV attraverso le usuali frequentazioni quotidiane con una persona sieropositiva: la si può baciare, toccare, abbracciare, si possono condividere stoviglie, asciugamani e vestiti. 

 

Gli unici rischi, oltre ai rapporti sessuali, sono legati al sangue: bisogna dunque evitare i baci se ci sono ferite aperte in bocca e lo scambio di rasoi, spazzolini da denti o altri oggetti entrati presumibilmente a contatto con tracce ematiche. È fondamentale inoltre che studi medici e dentistici, tatuatori, piercer ed estetiste adottino scrupolosamente i protocolli di sicurezza, che prevedono l’uso di strumentazione sterile o monouso. 

 

Il virus dell’HIV non si trasmette attraverso la saliva, le lacrime, il muco, l’urina e le feci, non viaggia nell’aria, non permane sulle superfici.

 

La profilassi: PrEP e PEP

Nonostante le numerose sperimentazioni condotte negli ultimi decenni, non esiste ancora un vaccino efficace contro l’HIV. Esistono però alcune utili forme di profilassi.

 

La PrEP è la profilassi pre-esposizione: in sostanza, una persona che non è sieropositiva ma sa di avere comportamenti a rischio (tipicamente, rapporti sessuali senza profilattico) assume in via preventiva due principi attivi che si usano per la cura dell’HIV, cioè Tenofovir e Emtricitabina. Se assunta correttamente, la PrEP arriva quasi ad azzerare il rischio di contrarre HIV per via sessuale; risulta un po’ meno efficace se la persona condivide siringhe.

 

Questa terapia può portare degli effetti collaterali – tipicamente nausea, vomito, vertigini e stanchezza – che di norma si risolvono nell’arco delle prime settimane. Va comunque assunta sotto stretto controllo medico.

 

La PEP, invece, è la profilassi post-esposizione. Una persona che ha vissuto un episodio ritenuto ad alto rischio – come un rapporto non protetto con una persona sieropositiva, una violenza sessuale o un incidente professionale che l’ha messa a contatto col sangue – può assumere dei farmaci volti a bloccare il contagio.

 

Affinché siano efficaci, i farmaci anti-retrovirali vanno assunti già entro le 48 ore successive all’evento e poi continuativamente per quattro settimane, sempre sotto stretta osservazione medica.

 

I sintomi dell’AIDS

I sintomi dell’HIV prima, e dell’AIDS poi, variano a seconda delle fasi dell’infezione e delle terapie adottate. Entro 2-4 settimane dall’esposizione, l’HIV può provocare sintomi paragonabili a quelli di un’influenza ma più persistenti:

  • febbre;
  • mal di testa;
  • dolori muscolari e articolari;
  • mal di gola;
  • linfonodi ingrossati;
  • eruzioni cutanee;
  • stanchezza.

 

Durante la cosiddetta fase di latenza clinica, che può durare anche per diversi anni, il virus continua a replicarsi a bassi livelli ma con sintomi poco evidenti, tra cui:

  • linfonodi ingrossati;
  • tendenza a contrarre infezioni ricorrenti;
  • perdita di peso.

 

Se assumono gli opportuni trattamenti antiretrovirali, le persone sieropositive vivono a lungo con una qualità della vita paragonabile a tutte le altre. In mancanza di terapie, invece, il virus può progredire fino all’AIDS, una malattia che compromette gravemente il sistema immunitario e dunque rende l’organismo molto più vulnerabile. A questo punto, i sintomi diventano molto più seri:

  • perdita di peso rapida e inspiegabile;
  • febbre ricorrente o sudorazione notturna profusa;
  • stanchezza estrema e persistente;
  • gonfiore prolungato delle ghiandole linfatiche;
  • diarrea che dura più di una settimana;
  • macchie bianche o insolite sulla lingua o in bocca;
  • polmonite;
  • macchie rosse, marroni, rosa o violacee sotto la pelle o all'interno della bocca, del naso o delle palpebre (sarcoma di Kaposi);
  • perdita di memoria, depressione e altri disturbi neurologici.

 

Tra le infezioni opportunistiche, cioè quelle che non riuscirebbero a intaccare il sistema immunitario di una persona sana ma proliferano più facilmente negli individui immunocompressi, possiamo citare;

  • tubercolosi;
  • polmonite;
  • candidosi;
  • herpes simplex;
  • citomegalovirus.

 

HIV e AIDS: le terapie

Se negli anni Ottanta la sieropositività poteva sembrare – e in molti casi era – una condanna, oggi non è più così. Grazie ai progressi della scienza, sono oggi a disposizione delle combinazioni di farmaci antiretrovirali che vanno assunti per tutta la vita. Pur senza debellare l’infezione, infatti, la tengono sotto controllo permettendo alla persona sieropositiva di vivere una vita sostanzialmente normale.

 

Queste terapie, se assunte correttamente, mantengono la carica virale a un livello talmente basso da non risultare nemmeno rilevabile attraverso gli esami clinici. In questo caso, non c’è nemmeno la possibilità che la persona sieropositiva ne contagi altre: il principio è noto come U=U, Undetectable = Untrasmittable.


L’AIDS ad oggi non è guaribile, ma la sua progressione può essere rallentata grazie a un mix di farmaci antiretrovirali, terapie palliative per ridurre i sintomi e trattamenti mirati per le singole infezioni opportunistiche.