Flogosi cronica cos'è, sintomi e rimedi

La flogosi è uno stato di infiammazione che può essere acuto, cioè risolversi in pochi giorni, oppure cronico. In questo secondo caso c’è il rischio di conseguenze permanenti.

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Che cos'è la flogosi

Flogosi”, un termine poco noto al di fuori della nicchia degli addetti ai lavori, deriva da un verbo greco che significa “infiammarsi”, “ardere”. Più comunemente, infatti, parliamo di infiammazione: non è una malattia, ma è la reazione del sistema immunitario a irritazioni, infezioni o danni ai tessuti.

 

La flogosi è un processo complesso, perché coinvolge una serie di reazioni cellulari e molecolari volte a proteggere il corpo da agenti nocivi, riparare i danni e ripristinare l'omeostasi. Durante la flogosi, le cellule del sistema immunitario rilasciano sostanze che aumentano il flusso sanguigno verso l'area interessata: ce ne accorgiamo perché notiamo arrossamento, gonfiore, calore e dolore

 

Di per sé dunque la flogosi è necessaria, perché è il metodo con cui il corpo combatte le infezioni e si appresta a guarire. Se però diventa cronica, o se il sistema immunitario per errore attacca i tessuti sani, può rivelarsi dannosa.

 

Fisiologia della flogosi: meccanismi cellulari e molecolari coinvolti

Come anticipato, la flogosi è un processo complesso che coinvolge vari meccanismi cellulari e molecolari. Di seguito ripercorriamo i principali:

  • le cellule del sistema immunitario, come i macrofagi e i mastociti, rilasciano una serie di sostanze chimiche chiamate mediatori infiammatori. Si tratta per esempio di citochine, istamina, prostaglandine e fattori di necrosi tumorale (TNF): il loro compito è quello di aumentare la permeabilità dei vasi sanguigni e attivare altre cellule immunitarie;
  • i mediatori infiammatori fanno dilatare i vasi sanguigni, aumentando il flusso di sangue verso l’area interessata: è questo il motivo per cui si presenta arrossata e calda;
  • i vasi sanguigni diventano anche più permeabili, per fare sì che le cellule del sistema immunitario e le proteine plasmatiche riescano a raggiungere più facilmente il sito dell’infiammazione. Il gonfiore deriva proprio da questo;
  • le citochine attraggono verso l’area infiammata i leucociti – quelli che comunemente chiamiamo globuli bianchi – che combattono l’infezione, eliminano i detriti cellulari e accelerano la guarigione; 
  • sempre i globuli bianchi, nello specifico i neutrofili e i macrofagi, inglobano e distruggono i microrganismi patogeni, le cellule danneggiate e le altre sostanze estranee presenti nell’area infiammata;
  • durante questo processo di fagocitosi, i leucociti possono generare radicali liberi: sono molecole altamente reattive che da un lato contribuiscono a uccidere i patogeni, dall’altro lato però innescano uno stress ossidativo che danneggia i tessuti e accelera il loro invecchiamento;
  • una volta rimossi sia gli agenti patogeni sia i detriti, determinate cellule specializzate (per esempio i fibroblasti) iniziano a riparare i tessuti danneggiati, producendo nuovo collagene e altre sostanze dalla matrice extracellulare: tale processo prende il nome di “riparazione tissutale”.

Stiamo dunque parlando di tanti processi, diversi e interrelati tra loro. Solo se il loro bilanciamento è ottimale l’organismo riesce a combattere efficacemente l’infiammazione, senza però danneggiare i suoi stessi tessuti.

 

Tipi di flogosi: acuta e cronica, caratteristiche e differenze

Una volta introdotto il concetto di flogosi, abbiamo le basi per approfondire cos’è la flogosi cronica e in cosa differisce da quella acuta.

 

Nella maggior parte dei casi, la flogosi è acuta: tra gli esempi possiamo citare la faringite, l’appendicite, la sinusite, la congiuntivite, la pancreatite e la dermatite da contatto. Sono tutte situazioni in cui si scatena un’infezione, il corpo reagisce (eventualmente coadiuvato dai farmaci) e infine riesce a sconfiggere l’agente nocivo, per poi riparare i tessuti danneggiati e quelli circostanti. Così facendo si ristabilisce l’omeostasi, cioè quello stato di equilibrio che rimane costante indipendentemente dagli agenti esterni.

 

Capita però che l’infiammazione persista per settimane, mesi o addirittura anni: in tal caso si parla di flogosi cronica e c’è il rischio di danni permanenti ai tessuti. Questo di norma accade quando:

  • l’agente patogeno permane nell’organismo;
  • la persona è esposta in modo costante a sostanze irritanti come il fumo, lo smog, le radiazioni o determinate sostanze chimiche;
  • il sistema immunitario innesca una risposta sproporzionata, che mantiene attiva l’infiammazione anche dopo la sconfitta dell’agente patogeno;
  • il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti sani (in questa categoria ricadono le malattie autoimmuni);
  • i tessuti danneggiati continuano a rilasciare segnali infiammatori, pur essendosi spenta la loro causa scatenante.

 

Cause e fattori scatenanti della flogosi

Tra le più comuni cause della flogosi acuta possiamo citare:

  • infezioni batteriche (per esempio da Staphylococcus aureus, Escherichia coli o Streptococcus pneumoniae), virali (dalla banale influenza fino a herpes o virus respiratorio sinciziale), micotiche (come i comuni funghi della pelle) o parassitarie (il toxoplasma per esempio può provocare flogosi agli occhi o al cervello, dette rispettivamente uveite ed encefalite);
  • traumi fisici, come fratture, ferite, congelamenti o ustioni che innescano una risposta infiammatoria locale volta a riparare i tessuti danneggiati e prevenire infezioni;
  • reazioni allergiche a polline, peli di animali, farmaci o particolari alimenti;
  • l’esposizione ad alte concentrazioni di prodotti chimici, veleni o fumi che può portare a un’infiammazione acuta della pelle, delle vie respiratorie o del tratto gastrointestinale. 

 

Nel caso della flogosi cronica il discorso è leggermente diverso, perché la risposta infiammatoria dura a lungo nel tempo. Chiaramente questo può dipendere dalla presenza di microrganismi difficili da debellare, ma non solo: tra le possibili cause ci sono anche le malattie autoimmuni, cioè quelle in cui il sistema immunitario attacca i tessuti sani, e l’esposizione continua a sostanze irritanti.

 

Anche l’obesità determina uno stato di infiammazione di basso grado, cronico e silente: non si percepisce a occhio nudo ma nel lungo periodo predispone comunque a varie patologie, come cardiopatie, trombosi, ictus e neoplasie. 

 

Vale lo stesso discorso, seppure con diverse manifestazioni, per lo stress: se diventa persistente può innescare una risposta infiammatoria che si manifesta, per esempio, al livello della tiroide, dell’intestino, nell’insorgere di malattie autoimmuni (come il lupus eritematoso sistemico e la sclerosi multipla). 

 

Rimedi 

Non è pensabile che esista una sola cura per la flogosi cronica perché, come ampiamente spiegato, è una condizione complessa che può dipendere da fattori molto diversi tra loro e che vanno dunque affrontati in modo mirato. Volendo tracciare alcune linee guida generali, potremmo dire che:

  • i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi o immunosoppressori possono alleviare i sintomi, ma vanno assunti per brevi periodi per evitare effetti collaterali;
  • può essere utile apportare dei cambiamenti nello stile di vita, come un’alimentazione corretta, una regolare attività fisica e una routine che dia il giusto spazio al riposo;
  • vanno seguire terapie ad hoc per le condizioni mediche sottostanti che contribuiscono alla flogosi cronica, tra cui le patologie autoimmuni, le infezioni, il diabete o l’obesità;
  • alcune terapie complementari, come l’agopuntura, la chiropratica o la riflessologia plantare, possono essere utile per gestire lo stato infiammatorio e alleviarne i sintomi;
  • la dieta dovrebbe limitare l’apporto di cibi pro-infiammatori, cioè quelli iperprocessati, ricchi di grassi saturi o di zuccheri aggiunti.