Dragoncello: proprietà, uso, valori nutrizionali
Il dragoncello è una spezia ricavata dalla pianta Artemisia dracunculus. Dalle proprietà digestive e depurative, è un antisettico naturale utile contro mal di gola e mal di denti. Scopriamolo meglio.
> Proprietà e benefici del dragoncello
> Calorie e valori nutrizionali del dragoncello
Descrizione della pianta
Il dragoncello (Artemisia dracunculus), anche conosciuto come estragone o erba dragona, è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteracee originaria dell’Asia centrale.
I fiori del dragoncello sono piccoli e di color verde-giallo, riuniti in infiorescenze che ricordano la forma della pannocchia. Le foglie sono verdi smeraldo, brillanti e molto sottili.
Se ne distinguono due varietà differenti:
- il dragoncello russo o siberiano, pianta più resistente e robusta ma dal sapore meno deciso
- il dragoncello francese, dalle foglie più scure e delicate ma anche molto più aromatiche
Proprietà e benefici del dragoncello
Il dragoncello è una spezia dalle spiccate proprietà digestive: un infuso di foglie preso dopo i pasti favorisce la digestione e l'eliminazione di gonfiori addominali.
Questa pianta è anche un antisettico naturale, utile contro il mal di gola e le infiammazioni del cavo orale. Già al tempo dei Greci si masticavano foglie di dragoncello per alleviare il mal di denti.
Il sapore del dragoncello è pungente e aromatico, a metà tra il sale e il pepe, per questo possiamo considerarlo un ottimo esaltatore di sapidità naturale, utile per chi non può assumere sale per motivi di salute. Favorisce inoltre la depurazione dell'organismo stimolando la diuresi e combatte l'inappetenza.
Calorie e valori nutrizionali del dragoncello
100 g di dragoncello contengono 295 kcal, e:
- Proteine 22,77 g
- Carboidrati 50,22 g
- Grassi 7,24 g
- Colesterolo 0 mg
- Fibra alimentare 7,4 g
- Sodio 62 mg
- Alcol 0 g
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Uso in cucina
Il dragoncello ha un sapore aromatico, pungente e un po' amaro, con alcune note di menta e sedano.
L'uso del dragoncello essiccato è sconsigliato poiché nel processo di essiccazione questa pianta perde molto del suo sapore mentre, se consumato fresco, il suo aroma è davvero molto intenso.
Un buon consiglio per conservare le foglie di dragoncello e tenerle a portata di mano è quello di tritarle e congelarle versandole nei contenitori per il ghiaccio e coprendole d'acqua.
L'uso di questa spezia è molto comune nella cucina francese, mentre in Italia è caratteristico di alcune ricette toscane.
Il dragoncello è perfetto per insaporire uova, carne, pesce, frutti di mare e diverse verdure come patate, pomodori, asparagi e cipolle.
Le foglie fresche sono perfette da aggiungere alle insalate o per la preparazione di salse, tra le quali la salsa bernese, la salsa tartara e la salsa al dragoncello, rivendicata dai senesi, fatta con le foglie della spezia amalgamate ad aglio e mollica di pane e inzuppate in aceto e olio d'oliva.
Con il dragoncello è possibile aromatizzare burro e aceto creando condimenti speziati per dare un tocco originale a qualsiasi ricetta.
Altro uso sfizioso di questa spezia delicatamente pepata è quello di lavorare le foglie con formaggio fresco o panna e utilizzare il composto per farcire tramezzini da arricchire poi con tonno, prosciutto o uova.
Curiosità sul dragoncello
Sul perché questa pianta sia stata chiamata dragoncello, cioè “piccolo drago”, esistono diverse teorie: la forma delle radici (che ricordano un groviglio di serpenti) potrebbe giustificarne il nome, ma è anche accreditata l'ipotesi che dietro questa scelta ci sia l'antica fama che ha questa pianta di guarire dai morsi di serpenti velenosi.
Una leggenda narra invece come la pianta arrivò in Toscana: una ragazza senese si innamorò durante l'occupazione napoleonica di un dragone (un soldato a cavallo). Un giorno, scuotendo gli stivali dalla finestra, il soldato fece cadere dei semi in un vaso che la ragazza teneva sul davanzale. Il dragone presto ripartì per tornare nel suo Paese e da quel vaso nacque una piantina profumata che la ragazza chiamò dragoncello, in ricordo dell'amore che aveva vissuto.
Di Stefania Puma
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